mercoledì 22 ottobre 2014

LA GRANDE MUSICA: "IL TROVATORE" DI GIUSEPPE VERDI AL FESTIVAL DI SALISBURGO 2014

di Carlo Schiavoni

Il Trovatore- Direttore e concertatore: Daniele Gatti- Regia e scenografia: Alvis Hermanis; Costumi: Eva Dessecker. Interpreti: Anna Netrebko; Placido Domingo; Francesco Meli; Marie-Nicole Lemieux. 

Mancava dal 1963 “Il Trovatore” di Giuseppe Verdi al Festival di Salisburgo allorché ne diresse una edizione entrata negli annali, Herbert von Karajan. Ne furono memorabili protagonisti: Franco Corelli e Leontyne Price; al loro fianco, Giulietta Simionato ed Ettore Bastianini. Raccoglie idealmente il testimone da Von Karajan, Daniele Gatti. La sua lettura, ricca di particolari, è sostenuta da un’orchestra quali i Wiener Philharmoniker, in stato di grazia: quando i Wiener suonano così, dimostrano di non avere rivali neanche in buca… Tuttavia la pur pregevole lettura del Maestro Gatti non coglie la dimensione cavalleresca del capolavoro verdiano.

Una veduta d'assieme dell' allestimento di Halvis Hermanis, regista e scenografo, che ha scelto di ambientare "Il Trovatore" in un museo ( crediti fotografici: Festival di Salisburgo/Forster)

domenica 19 ottobre 2014

"I MIEI FILM" di Arianna Niero: Il giovane favoloso – Mario Martone


 

Il giovane favoloso è favoloso!

Regia, fotografia, recitazione, musica, parole: tutto è naturalmente impeccabile, ispirato, immaginifico. Lo sguardo di Elio Germano, febbrile e febbricitante, racconta, con preziosa intensità, un’ansia di vivere oscura, profonda e piena di stupore.

Un film che trasuda poesia, in senso letterale, e nel senso più bello che si possa immaginare.

 

giovedì 16 ottobre 2014

StorieReali presenta: INTERVISTA A FRANCESCO CIANCIOTTA


                                   “I cieli tempestosi di Francesco Cianciotta”
Francesco Cianciotta; foto di Michele Malnati,
 post produzione di Francesco Cianciotta

Il 900’ è stato il secolo dei grandi fotografi. Richard Avedon, Cecil Beaton, Robert Capa, Henri Cartier-Bresson, Robert Doisneau, Erwitt Elliot, Robert Mapplethorpe, Bruce Weber , sono una parte dei pionieri di un nuovo modo d’intendere la fotografia, che oltre portare avanti una ricerca tecnico espressiva, indaga ed è testimone di una realtà in continuo mutamento, interagendo in diversi ambiti come la moda, la pubblicità, la cronaca, l’urbanistica, il cinema e il sociale.
Negli anni 80’, parallelamente ad una rinascita della pittura, dopo il predominio dell’arte minimalista e concettuale, gli artisti stessi, appoggiati dagli addetti ai lavori e dal collezionismo, s’impadroniscono del mezzo fotografico come strumento privilegiato del fare arte. Autorizzati e legittimati dalle sperimentazioni precedenti video arte, arte ambientale, performance, happening, che avevano esaltato il mezzo fotografico, contribuiscono alla consacrazione ma anche al ribaltamento e all’ambiguità, dell’identità stessa di fare ed intendere la fotografia.
In questo clima effervescente ed eccitante, che sarà poi l’anticamera della crisi economica sociale e del degrado culturale, avvenuto poi, s’inserisce anche l’opera fotografica di Francesco Cianciotta. La sua scelta di trasformare la sua costante ed eterna passione in linguaggio professionale e di ricerca, parallelamente ad altre esperienze professionali di manager e di formazione, gli consentono la libertà e l’autonomia necessaria per operare fuori dal coro. Pur essendoci continui casi ed esempi di grandi artisti, del presente e del passato, (come il medico Alberto Burri, l’ingegnere Fausto Melotti o l’avvocato Anselm Kiefer) in Italia, i cambiamenti e le esperienze differenti e parallele vengono viste comunque con sospetto e diffidenza.

domenica 5 ottobre 2014

"I MIEI FILM" di Arianna Niero: Her – Spike Jonze


Premetto un mio personale pregiudizio verso i premi Oscar.

Al tal proposito apro una parentesi:
(Io che dall’Amico di famiglia amo molto Sorrentino e anche se l’unico Oscar che prendo in considerazione è proprio quello per il Miglior Film Straniero, con tutto questo bailamme mi verrebbe voglia di disconoscerlo… E poi, tutti quelli che inneggiano all’orgoglio italiano, si sono accorti che il film racconta di un’umanità marcescente???).

Cercando di fare la persona intelligente, dunque andando oltre i miei limiti, questo film sono andata a vederlo comunque.
In un futuro avveniristico ma plausibile, un uomo molto solo praticamente alienato, deluso dalle relazioni sentimentali, s’innamora, per un periodo ricambiato, di un sistema operativo ultra sofisticato, dotato di una voce calda e di emozioni umane fin nelle più sottili sfumature.
Il film racconta la loro storia d’amore: sesso compreso. Alla fine che però che noia.
Sembra tutto un po’ già visto…
Mi è piaciuto il lavoro di lui, che scrive lettere d’amore a pagamento e, anche se ha vinto come miglior sceneggiatura originale, secondo me sono molto meglio le immagini che le parole.

Il suo ufficio è molto stiloso e anche gli abiti/costumi davvero cool!

venerdì 3 ottobre 2014

StorieReali presenta: INTERVISTA A STEFANO DELLI VENERI

                            
                              “Illustrazione: l’impatto autentico con il reale”

L'illustratore Stefano Delli Veneri,
( fotografia di Natalie Ascencios)

Nell’epoca di Photoshop e dell’immagine digitale, l’illustrazione conserva un ruolo fondamentale ed indipendente, sia a livello espressivo che nella sfera professionale. Stefano Delli Veneri, è un esempio particolare ed emblematico di questo esiguo esercito di traduttori ed interpreti della realtà, che non amano apparire e che si nascondono dietro la loro opera. L’illustrazione è generalmente considerata un ramo minore dell’arte figurativa ed esclusa da una seria riflessione critica a causa della sua autentica popolarità e dei suoi risvolti commerciali. E’ sufficiente citare Norman Rockwell, l’artista più amato d’America: le sue opere sono state riprodotte su biglietti d’auguri, calendari, figurine e le sue copertine per il Saturday Evening Post (oltre 300) sono state raccolte e conservate da milioni fedeli, generazione dopo generazione. E tutto questo a dispetto dei critici d’arte che, fino a poco tempo fa, hanno ignorato o apertamente denigrato i suoi ritratti dell’America e degli Americani.