“Il mio cuore messo a nudo”
![]() |
Claudio Pozzani, foto di Dino Ignani |
Nella poesia di Ezra Pound, viene in continuo rievocata,
l’immediatezza del parlato. I suoi Cantos, sono stati definiti , come un fiume
sonoro continuo, una “rapsodia ipnotica”. Mito e convinzione, che lui stesso,
ha alimentato, potendo ascoltare la sua voce registrata, ancora oggi. Di questa
sostanziale differenza, tra la parola scritta e quella parlata e della
possibilità teorizzata da Breton, di conciliare gli opposti, il poeta, teorico
e performer Claudio Pozzani, è stato sempre consapevole, nel suo impegno
costante di ampliamento delle possibilità oggettive della Poesia e della
continua valorizzazione dei suoi strumenti espressivi e di divulgazione. Pur
subendo la seduzione del Futurismo e dell’idea “dell’autore di cantare”,
Pozzani vuole prendersi una responsabilità nuova, rispetto alla rottura e alla
provocazione dell’avanguardia storica (dal futurismo al dada al Surrealismo) e nei
confronti delle ricerche linguistiche degli anni Sessanta e Settanta, rivolte
principalmente al progetto. La ricerca estetica chiusa in se stessa, autoreferenziale,
ha già mostrato i suoi limiti. Per Claudio Pozzani, la Poesia prende forma e
significato, ritrova il senso originario, attraverso il tono della voce, con le
espressioni del volto e i movimenti del corpo. Ed è poi, l’interlocutore a darne
la lettura finale, l’interpretazione mutevole. Come creatore e organizzatore di
numerosi Festival internazionali di Poesia, Claudio Pozzani, riconosce la
staticità e il torpore della sua città: Genova, che pur nella sua particolare
unicità, rispecchia il resto dell’Italia: chiusura nei confronti del nuovo,
poca flessibilità al ricambio generazionale, un triste primato dei libri invenduti
e non letti e disinteresse nei confronti della cultura e del patrimonio
artistico, del passato ma soprattutto del presente.