Editoria:
mitizzare il passato e inventare il futuro
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Stefano Mauri in uno scatto di Yuma Martellanz |
Stefano Mauri,
classe 1961, amministratore delegato della Longanesi, è figlio di Giovanna Aureli
e Luciano Mauri (luminare dell’editoria, guida delle Messaggerie Italiane e
protagonista della distribuzione della carta stampata in Italia).
Per comprendere il
ruolo fondamentale che ha avuto nell'unificare e rilanciare diciotto tra case
editrici e marchi editoriali, bisogna risalire al 1988, anno in cui Stefano
Mauri entra nella Longanesi di Mario Spagnol per fondare l’ufficio marketing
del gruppo (che già comprende anche altre case editrici come Adriano Salani
Editore, Ugo Guanda e TEA). Al tempo la situazione era di un gruppo in crescita
sotto la guida di Mario Spagnol (all’epoca aveva solo una quota del 2% sul mercato)
e Stefano Mauri introduce nuovi strumenti di marketing e progetta nuovi sistemi
informativi per assistere le scelte editoriali.
Stefano Mauri
vuole viaggiare su due binari paralleli: la qualità e varietà delle scelte
editoriali e il rilancio dell’editoria, anche dal punto di vista aziendale e
produttivo. Egli cerca di rendere le case editrici indipendenti e
autosufficienti dal punto di vista finanziario ed economico. Il progetto è
sempre lo stesso: trovare nuovi autori interessanti per i propri lettori e
nuovi lettori per i propri autori, usando tutte le competenze e le tecnologie
disponibili.
In Italia il mondo
dell’editoria è immaginato e considerato ancora in modo abbastanza rigido e
tradizionale: vige il luogo comune
“tutti scrivono e nessuno legge”, l’editore è considerato un idealista intellettuale,
destinato a un ruolo di nicchia o un miraggio di scrittori in erba che aspirano
a pubblicare, anche a pagamento, il loro “capolavoro” nel cassetto. Stefano
Mauri è un vero imprenditore del mondo dell’editoria, lo dimostrano i saldi
principi su cui basa il suo impegno e la capacità di acquisizione e di rilancio
di prestigiose case editrici quali Garzanti, Vallardi, Nord e Bollati.
Altro snodo
fondamentale, oltre alla tutela dell’indipendenza editoriale e della libertà di
stampa, è stato quello di occuparsi della difesa del diritto d’autore, ancora
un campo minato e spesso ingiustamente screditato. Responsabilizzare e rendere
protagonisti gli scrittori, dandogli l’opportunità di essere essi stessi stakeholders, ovvero portatori di interessi,
e quindi di partecipare attivamente al benessere e allo sviluppo della casa
editrice di riferimento, è un punto cardine per Stefano Mauri, sul quale non
transige.
Nel 2005 fonda il
Gruppo Editoriale Mauri Spagnol, con lo
zio Achille Mauri e Luigi Spagnol, riunendo in un'unica proprietà i numerosi
interessi editoriali delle due grandi famiglie del settore.
Tra i risultati di
maggior rilievo: le Garzantine in allegato ai quotidiani, protagoniste della
lunga stagione degli inserti in edicola, e, nel 2007, la fondazione di Chiarelettere, casa editrice di denuncia con titoli d’inchiesta
di grande successo e con firme del calibro di Gianni Barbacetto, Peter Gomez,
Gianluigi Nuzzi e Marco Travaglio. E’anche l’ideatore del torneo letterario “Io
scrittore” partito nel 2010, un efficace ed efficiente motore di ricerca di
nuovi talenti.
Il grado culturale
e la pubblicazione di numerosi e inediti generi letterari per poter soddisfare
gusti ed esigenze trasversali, senza limiti di età o provenienza, sono stati
ultimamente facilitati dall’ e-book che è e deve rimanere solo uno strumento di diffusione
alternativo che non sostituirà la carta stampata e non potrà diventare certo un
obiettivo predominante, fine a stesso, realtà di cui Stefano Mauri è sempre
stato consapevole.
Oggi Stefano Mauri
è presidente e amministratore delegato del Gruppo editoriale Mauri Spagnol.
Tra le varie cariche
che ricopre, è Presidente di TEA, Pro
Libro e Nord, vicepresidente di Messaggerie Italiane e di Bollati
Boringhieri, amministratore delegato di Longanesi&C., di Garzanti Libri e di Guanda.
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Copertina dell’ultimo numero della rivista “Il Libraio” che presenta le novità editoriali delle case editrici del Gruppo editoriale Mauri Spagnol. |
Secondo la tua esperienza di editore,
che cosa ha determinato la crisi dell’editoria mondiale?
C’è un nuovo
medium, il web, diverso da tutti quelli che lo hanno preceduto perché consente
una comunicazione da molti a molti. Tutti gli altri mezzi di comunicazione sono
più gerarchici o paralleli, vanno da uno a molti o da uno ad uno. Questo cambia
molto le cose, si aggiungono nuovi impieghi del tempo libero( i social ne sono
l’espressione più chiara) e ancora molti modi di utilizzare questo mezzo devono
essere inventati. Insomma bisogna far posto a nuove forme di impiego sia del
tempo libero sia dell’apprendimento e, nello stesso tempo, bisogna trovare per i
libri un senso anche in questo nuovo spazio digitale che è esploso.
Per avere un quadro della situazione
italiana e internazionale, ci racconti come sono andati gli ultimi saloni del
libro di Torino, di Francoforte e la rassegna Bookcity a Milano?
Francoforte è
per gli Italiani una fiera business to business, è il grande mercato dei
diritti d’autore, là dove si decide cosa viaggia e cosa no da un Paese
all’altro, da una lingua all’altra. Alcuni Paesi del Sud Europa, tra i quali
l’Italia, stano vivendo una profonda crisi economica perciò l’ultima edizione
era un po’ depressa. Torino e Bookcity hanno più le caratteristiche delle fiere
destinate al pubblico e non mostrano segni di flessione, anzi, anche grazie al
tam tam del web, c’è ancora più voglia di partecipazione a queste
manifestazioni.
Per avere una visione come la tua, bisogna sondare il
mercato, captare i cambiamenti e valorizzare il passato. Come riesci a
conciliare e far funzionare insieme tecnologia e tradizione, investimenti
economici e ricerca sperimentale, certezza di qualità ed espansione dei lettori
che comprano libri, come un necessario bene di consumo?
Per fortuna ho molti soci e
collaboratori in gamba che esplorano diverse dimensioni culturali e le
traducono in libri. Il mio compito è più organizzativo in generale per il
gruppo e più editoriale per Longanesi e Garzanti dove sono chiamato a prendere
le decisioni più importanti come amministratore delegato. Chi lavora in
editoria è in genere curioso e molto attento al nuovo. E forse siamo anche
abituati per forza di cose a cercare di distinguere, tra tutte le novità che si
affacciano nel nostro mondo, ciò che avrà importanza ancora tra qualche tempo.
Molte microscopiche case editrici, come “Il Pulcino e
l’Elefante”, riescono a stento a sopravvivere, altre sono destinate a cessare
l’attività. L’unico rimedio sarebbe l’unione e inglobarsi in un unico gruppo.
Non si rischia così di perdere la ricchezza culturale e il contributo
particolare di ognuna di loro?
Certamente il rischio c’è ma ci sono molte aree (commerciale,
gestionale, marketing, distribuzione, scouting internazionale, finanziaria,
tecnologica) dove il gruppo può fornire una esperienza molto maggiore e dare
più forza e sicurezza agli autonomi progetti delle direzioni editoriali. E’
questo quel che cerchiamo di fare in GeMS. Comunque ultimamente la crisi ha
depresso tutti i settori che dipendono solo dalla domanda interna e ovviamente
i libri non fanno eccezione. Perciò è difficile per i grandi come per i
piccoli, bisogna essere ancora più attenti di prima.
Un vostro recente grandissimo successo editoriale, “L’amore
è un difetto meraviglioso” di Graeme Simsion, è caratterizzato da dialoghi
fulminanti e da una storia in tempo reale, infatti l’autore è uno sceneggiatore
cinematografico al suo esordio nella narrativa. I nuovi talenti si cercano
anche in altri ambiti creativi?
Lo abbiamo comprato da un editore australiano, certamente
gli scrittori possono arrivare a sorpresa da tutti gli ambiti, si pensi ad
esempio agli avvocati, come Grisham, Turow, Falcones. Gli sceneggiatori, come
Donato Carrisi, sono avvantaggiati: con i loro libri non ci si annoia,
conoscono i ritmi della gente.
Marketing nell’editoria significa ancora un bombardamento
mediatico o oggi è un progetto più incentrato sugli studi di mercato, le
tendenze e i sondaggi capillari, sul successo di un futuro best seller? Per
incrementare le vendite di un libro di successo quindi è più importante puntare
sulla pubblicità o fare ricerche di mercato sui potenziali futuri lettori?
Il marketing del libro è in continua evoluzione.
Certamente il favore dei media ha sempre rappresentato un grosso aiuto. Da
Fazio ai quotidiani ai femminili tutto aiuta a trovare i primi lettori di un
libro. Il grande successo però lo fa il passaparola che parte da questi
lettori. Oggi c’è anche il web, ci sono i blogger, c’è il marketing on line che
si affianca a quello tradizionale e può godere di molte più informazioni su
come la gente legge i libri e come decide di acquistarli rispetto a prima,
basta girare per i forum di lettura per avere finalmente informazioni utili a
servire meglio i lettori.
Cosa ne pensi dell’e-book? E della sopravvivenza e magari
di un rilancio del libro cartaceo?
Il libro cartaceo non solo sopravvive ma è maggioritario
in tutto il mondo dove l’ebook è rimasto per ora una nicchia, grossa o piccola
che sia. Il problema è che in un mercato maturo e già con pochi margini anche
una flessione del 20% della filiera della carta crea molte difficoltà ai
librai, mentre gli editori almeno in parte recuperano qualcosa dalla vendita
degli ebook.
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Copertina del libro Fai bei sogni di Massimo Gramellini, edito da Longanesi. |
Nel 2012 hai ricevuto l’Onoreficenza di Cavaliere del
Lavoro dal Presidente della Repubblica Napolitano. Al di là di questo meritato
riconoscimento, lo Stato italiano, considerando anche la profonda crisi, rimane
distante e poco partecipe nei confronti della cultura. Possibili interazioni e
cambiamenti futuri, secondo te?
Per la prima volta proprio il governo Letta ha dato dei
segnali forti, come il progetto di consentire la detrazione sull’acquisto di
libri, l’intenzione di investire sulla promozione della lettura, lo schierarsi
a favore della riduzione dell’IVA sull’ebook con la Francia. Se son rose
fioriranno, vedremo.
Hai vissuto e studiato a New York. Consigli a un giovane
che vuole lavorare oggi in campo editoriale di fuggire all’estero o ci sono
ancora strade da esplorare e possibilità concrete d’impiego per i laureati in
Filosofia e Lettere Moderne nel nostro paese?
Certamente i settori culturali non sono al momento i più
promettenti sotto il profilo economico. Si è seduto a tavola un nuovo ospite
piuttosto grasso e famelico e vuole la sua fetta della torta. Sono le cosidette
OTT, le grandi piattaforme digitali che vogliono la loro percentuale per
distribuire i prodotti digitali e non è una percentuale irrisoria, incide
parecchio sul prezzo degli ebook che pure, nonostante questo e un’IVA cinque
volte maggiore, in Italia ha un prezzo medio molto contenuto rispetto al
cartaceo. Bene interessarsi ai mercati culturali ma anche imparare tutto quel
che si può sui mezzi digitali.
In passato il classico “Viaggio al termine della notte”
di Céline venne all’inizio in parte storpiato, a causa di una approssimativa e
superficiale traduzione. Abbiamo ancora validi traduttori in Italia? Il rischio
di distorcere e massacrare un testo originale è sempre in agguato o no?
Abbiamo validissimi traduttori in
Italia, ma anche editori che risparmiano troppo su questo aspetto e sulla revisione
per poter offrire dei prezzi allettanti. Quando si compra un libro è bene anche
capire che spendere due o tre euro in più per avere più qualità in un romanzo
che ti occupa la mente e la informa per svariate ore vale la pena. Ma col tempo
i lettori capiscono.
Cosa ne pensi dei libri come coffee table magari natalizio, ovvero “oggetto di regalo decorativo”?
Noi del blog siamo favorevoli, e tu?
Io sono favorevole a qualsiasi libro, ma devo dire che in Italia hanno molto meno
fortuna che in USA e in Francia i libri illustrati da tavolo. Gli Italiani
comprano soprattutto libri sotto i 20 euro di prezzo e soprattutto narrativa.
Hai partecipato in televisione al programma “Le Iene” con
un’intervista doppia, padre e figlio, molto commovente, con tuo figlio Andrea
Mauri, un ragazzo straordinario e molto sensibile. Come ha influito il suo disease nella tua crescita personale e
lavorativa?
Un figlio così cambia molto le prospettive dalle quali si
guarda alla vita, spesso in meglio. Mi ha insegnato a distinguere
l’intelligenza dalla competenza linguistica e dalla cultura, l’intelligenza
come capacità di astrazione, che non è il suo forte, da quella sociale nella
quale è molto più acuto di me. Mi ha insegnato ad essere inclusivo, mi insegna
ogni giorno che la vita è bella nelle piccole cose, basta che lo vogliamo. C’è
la grande vita fatta di progetti, lavorativi e famigliari, e poi c’è la vita,
che spesso trascuriamo, fatta delle ore che si susseguono, di come le passiamo
e con chi le passiamo. Bisogna occuparsi di entrambe (lui è uno specialista
della seconda come io della prima).
Dall’intervista televisiva si scopre che tuo figlio Andrea
vuole fare il barista. Come deve essere, secondo te, il bar ideale di Andrea
Mauri a Milano?
Il bar di
Andrea è un bar dove ci sono degli habitué che vogliono iniziare la mattina con
un sorriso affettuoso quando prendono il caffè, un bar solare dove non si
litiga e dove tutti ci si dà del tu e ci si prende un po’ in giro. Un bar dove
ogni compleanno ha la sua torta con le candeline. Un bar che a pranzo serve
sempre gli gnocchi e di contorno ha sempre in menu le patate fritte. Un bar con
bella musica e tanti giovani. Un bar senza tanti steccati tra chi serve e chi
viene servito. E senza quella fretta che impedisce di gustare il cibo con la
dovuta religione.
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