Objects of my Affection
Un tributo remoto di
Dado Schapira alla “Venere restaurata” di Man Ray, acefala e
in gesso, avvolta in un intrico di spago, un omaggio alla
femminilità, un inno alla sua ambiguità e un ulteriore distacco
dall’arte classica, lo stesso fervore professato dai Futuristi,
quando dichiaravano la loro preferenza a un’automobile ruggente,
rispetto alla Vittoria di Samotracia. Dado Schapira, avvolge e
ricopre la maggior parte delle sue opere, con fili o lacci colorati,
ma queste linee sembrano spuntare come radici dalle superfici,
nascere dal loro interno.
Alighiero Boetti aveva fatto intrecciare i
suoi tappeti dalle tessitrici afgane, sottolineando l’importanza
della gestualità arcaica e della ritualità domestica, che creano
dei mondi tattili, prima che visionari. Perfino i libri, le carte
geografiche e le macchine da scrivere, di Schapira, sembrano ancorati
da fili, che trattengono e delimitano le strutture ma non si
tratta di nastri per confezionare e neppure di corde per imprigionare, piuttosto sembrano linee, frecce, indicazioni per
guidarci e non farci perdere la rotta. Reduci dall’esaltazione Pop
dell’oggetto e dalla smaterializzazione avviata da Marcel Duchamp,
siamo destinati a naufragare in questo universo digitale. L’artista
non può temere gli spazi aperti dell’ignoto ma come Dado Schapira,
attraverso la sua opere, ci tende delle funi per ancorarci e disegna
delle mappe per raccontarci delle storie. Il libro aperto,sembra
invitarci ad entrare come in una leggenda al suo interno, dove le
parole sono tratteggiate dal filo. Nascono cosi, nastri avvolgenti e
fluttuanti, che ci forniscono degli appigli e delle code per
orizzontarci verso nuove esplorazioni. Christo e Jeanne Claude, hanno
continuato imperterriti ad impacchettare isole, monumenti, ponti ,
avvolti e conservati in involucri immensi di plastica rosa. Questi
interventi ambientali, si trasformano in reliquie e conserve
strappate alla Natura e alla Storia. Dado Schapira compie il processo
inverso. Non c’è nessuna intenzione di celare o di sottrarre ma al
contrario, il suo atto creativo vuole esaltare, attraverso icone e
citazioni, un mondo che sembra destinato all’oblio e alla
disgregazione. Si ritorna a riflettere sulla libertà, sulla
leggerezza, sull’esistenza, non più concetti obsoleti e scontati.
Certamente le opere di Schapira, sono anche dei diari, delle note
intime ed autobiografiche come è stato scritto, ma nell’ambito
dell’opera, assumono una narrazione corale e condivisa.
Nell’installazione “open air”, gli scoiattoli dipinti, devono
perciò, per l’artista, rimanere clandestini, per continuare a
correre nella neve o nei boschi, ricordandoci l’avventura e il
nomadismo che molti di noi, rimpiangono e sognano ancora.![]() |
rainbow |
Più che ai teatri affollati e
surreali di Joseph Cornell, alcune tue tele con grandi parole
isolate, rimandano alla “Lotta Poetica” di Sarenco, senza la
parte ideologica e sovversiva degli anni 70’. Anche nel tuo lavoro
c’è comunque la volontà di riproporre dei temi, che ancora oggi,
hanno per la nostra generazione un significato non solo letterale ed
astratto: “Libertà”, “Volare alto”, “Senza paura”,
“Silenzio”, sono tutte parole che hanno un peso e non sono
scelte a caso. Credi ancora che l’artista abbia delle
responsabilità per quanto riguarda i messaggi che esprime?
Chi appartiene anagraficamente ad
un certo periodo storico, non può esprimersi in modo asettico ed
anonimo, al di là della tecnica e degli strumenti espressivi
scelti. L’impegno ad una comunicazione insita nell’opera, è
inevitabile e i temi trattati sono comuni ad un’intera generazione
e non solo limitati alla mia esperienza personale. L’atto
artistico è infine, un gesto di condivisione
Il “libro oggetto”, è stato
un indiscusso protagonista delle avanguardie storiche. Emilio Isgrò,
lo rende strumento essenziale della cancellazione. La scultrice di
Riga, Kristine Alksne, sgretola i suoi volumi di granito che pone
su dei piedistalli. Come sei riuscito a personalizzare e renderlo
parte della tua opere, senza sentire il peso della storia che lo ha
caratterizzato
Ho sempre subito il fascino
estetico dell’immagine del libro ,la potenza fisica di questo
oggetto e l’essenza inebriante della carta. Mi è sembrato
naturale, sostituirlo alla tela, non solo come superficie ma come
parte integrante dell’opera, con tutta la sua carica simbolica.
Sono consapevole della sua forte identità, anche se nella maggior
parte dei casi, i libri aperti, scelti per le mie opere, non sono
leggibili, tranne qualche parola emersa casualmente. Nel processo
creativo, il libro può essere rivitalizzato, invitato ad avere un
ruolo fondamentale, una storia sottintesa, che si unisce ad una
nuova trama, per esaltarsi reciprocamente nel loro incontro.
All’interno dell’opera , il libro non è materiale statico ma si
evolve, come nel caso del mio quadro sulla bandiera della Germania,
dove una parola tedesca, emersa dalla pagina, ci riconduce ed
enfatizza il fatto storico della caduta del muro di Berlino.
Una componente fondamentale della
cultura ebraica è il senso di appartenenza. Hai alle spalle lunghi
anni di lavoro e di ricerca, anche se il tuo percorso espositivo è
recente. Come e in che modo influisce essere parte di questa
comunità?
Per quanto mi riguarda, essendo ebreo non praticante, mi
sento lontano da una comunità specifica, mentre sono fortemente
legato al significato profondo e al senso di appartenenza della
cultura e del mondo ebraico in generale. L’importanza delle
scritture e il valore dei testi nel mio lavoro, riconducono
inevitabilmente a un significato simbolico e mistico, insito nella
storia stessa, come i calcoli matematici, che compio molto spesso,
per elaborare le opere. Sentirsi cittadini del mondo, erranti
psicologicamente, sono i riferimenti inscindibili della nostra
cultura e di ciò che mi lega al mondo dell’arte
L’utilizzo dei fili, è anche un
strumento per deviare la prospettiva, conferire tridimensionalità e
uscire ed entrare nella tela. Questo modo di lavorare, sembrerebbe
portare alla naturale espansione ed evoluzione, prospettando
l’installazione. Uno dei tuoi lavori, potrebbe invadere lo spazio
della galleria e alterarne i confini diventato un intervento
spaziale. Cosa ne pensi?
Ho già immaginato il
coinvolgimento ambientale ed architettonico per la mia opera e per
fare questo, ho iniziato a disegnare, a riempire bozzetti e schizzi,
ipotizzando un’espansione in uno spazio reale. Tutti i miei
lavori, sono progettati e pensati in anticipo. Il numero dei fili,
la distanza calcolata e il posizionamento all’interno della
superficie , sono da interpretare come amplificatori dei
significati, dal punto di vista visivo e mentale.
Quando fissi i fili al muro
intorno alla tela, non si tratta perciò di un intervento casuale.
Progetti prima in studio? Esistono quindi dei disegni preparatori
che facilitano la messa in scena e la resa dell’opera?
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silence |
I disegni sono l’iniziale
traduzione dell’idea, per l’opera futura. Indipendentemente
poi, dalle dimensioni ipotizzate, si tratta di una sfida naturale,
quella dell’artista, che vuole interpretare lo spazio e rendere
l’interlocutore, non più solo visitatore, ma protagonista. I
confini delimitati, sono destinati ad espandersi, come le
frontiere aperte, che solcano le cartine geografiche.
Lo scorso anno hai organizzato
un’intera mostra dedicata a Picasso. Ti sei ispirato alle sue
ceramiche per sviluppare delle nuove opere, sia dal punto di vista
cromatico che concettuale. Non eri in soggezione nei confronti di
chi è considerato un maestro per ogni artista? Oppure pensi che sia
un dovere e una necessita confrontarsi con la Storia dell’Arte?
Decidere di associarmi ed
ispirarmi a Picasso, è stato un pretesto per interpretare,
approfondire e analizzare l’opera di questo grande artista. La
Storia dell’Arte, è l’intreccio e il percorso senza
interruzioni, che caratterizza il lavoro degli artisti, attraverso
le epoche e le culture. Senza riferimenti e relazioni, l’espressione
artistica s’ incepperebbe, risultando isolata e sterile. La
continuità della storia, fornisce dei riferimenti e attraverso il
passato, ci permette di confrontarci con il presente e ci proietta
nel futuro. La presunzione è di chi non riconosce e rifiuta
questo legame. Chi vive in Italia, è immerso in un Museo a cielo
aperto, restare indifferenti a questo, è come voler rinnegare una
parte di noi e rinunciare alla bellezza che ci circonda.
I volumi che scegli come supporto
e parte integrante delle tue opere, sono scelti per l’aspetto
formale e per tradurre visivamente il significato delle storie che
vuoi raccontare?
Si certo, quest'ultimi, hanno
così, la possibilità di darmi diverse opzioni. Accolgono, da un
lato, come lavagne, dei calcoli precisi numerici, segnando il
tracciato ai fili colorati e materializzando il percorso indicato
dai chiodi e al contempo, contengono ed ospitano delle parole
simboliche. Un esempio nel lavoro “Firn”, i fili indicano le
scie parallele di due sci, mentre la parola scritta, mi permette di
dare al lavoro un significato più preciso , nello specifico caso,
dedicato ad una persona speciale, o ancora indicare semplicemente la
neve, in un particolare stato di grazia, compatta ed assieme
friabile, ideale per gli sciatori che sanno quando trovarla e dove
cercarla e nominandola nuovamente. La possiamo immaginare quella
neve, con il suo candore e il suo crepitio, sotto i nostri sci e
sotto quelli di chi l’amava particolarmente
Hai già esposto all’estero. Sei
d’accordo con la maggioranza, nel dichiarare l’inferiorità
professionale e culturale delle gallerie in Italia rispetto ad altri
paesi, considerando anche il degrado generale che attraversa il
nostro paese?
Il sistema dell’Arte , tranne
alcune eccezioni , è alla sbando e in profonda crisi e purtroppo
non può più, essere la sola pedana di lancio e di supporto per gli
artisti. Questo succede soprattutto in Italia, dove la crisi del
“sistema” in generale, ha pesantemente influito anche sul mondo
delle gallerie, permettendo e facilitando per anni, una gestione non
controllata e provinciale e il sopravvivere di una visione, basata
più sul valore economico dell’opera, che sul suo autentico
contenuto artistico. Preferendo modelli superficiali ed effimeri,
la forza trascinante e la reale vocazione ad una cultura, che il
mondo ci invidia, sono state pericolosamente, smarrite e
dimenticate.
emotions |
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