Neverending story
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Eleonora
Chiesa in una foto di Serena Carminati
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Nell’ultima
rassegna di Documenta, ci si imbatteva in zerbini di Fabio Mauri, che
nessuno calpestava e tutti leggevano, in particolare la scritta:
“l’arte fa perché è storia e mondo”, questo presupposto,
sembra essere fondamentale per il video: “Quartiere Propaganda” di
Eleonora Chiesa. Dal lontano 1965, anno del primo video in presa
diretta: “Cafè Gogo, 152 Beefeter Street”, di Nam June Paik,
l’intento era d’indagare e visualizzare la trasformazione del
rapporto tra l’uomo e il mondo, da parte dell’artista coreano,
devastando e riplasmando il mezzo televisivo. Wolf Wostell, partendo
dal gruppo Fluxus, enfatizza invece, la performance-documento, per
sottolineare l’ambiguità e la perversione di questi cambiamenti
incontrollabili ed istantanei. Eleonora Chiesa, pur nella
consapevolezza dei precedenti storici , si concentra sulla relazione
e il coinvolgimento tra l’interlocutore e gli abitanti del
quartiere Cornigliano, parte della città di Genova.
La provocazione
ironica sul linguaggio dell’arte dei corti di Baldessari o le
architetture mistiche di Bill Viola, sono testimonianze remote,
rispetto alla narrazione poetica e all’esperienza diretta di
“Quartiere Propaganda”. Per attuare un progetto collettivo, la
semplice condivisione dialettica e la ripresa sul campo, non
sarebbero stati sufficienti. L’idea della visualizzazione della
passione per la lettura e la narrazione ascoltata , hanno trasformato
tutti gli abitanti convocati in persone reali, spogliandoli di
un’identità stereotipata e distante. I luoghi filmati cessano di
essere freddi sfondi ma assumono le sembianze di ricordi condivisi e
delle trasformazioni in atto future. La banda delle Majorettes
vagamente Felliniana, esprime il lato surreale e celebra il valore
antropologico e umano di questo quartiere, che si traduce in una
visione collettiva ed universale, nell’esaltazione della sua
unicità. Nell’era delle austere statistiche e delle previsioni
matematiche sull’andamento sociale e demografico delle nostre
metropoli, Cornigliano diventa una comunità simbolo e
l’immaginazione per una volta si alimenta di reale. Dopo “Documenta
6 “di Kassel, intitolata “Medium Konsept”, una profonda analisi
delle potenzialità e dei risultati raggiunti dello strumento video e
la sua consacrazione a Parigi, con la nascita del Dipartimento Video
(1979) del Centre Pompidou, anche le ricerche sperimentali in Italia
vengono in qualche modo, legittimate. Il canale preferenziale, è
quello dei Festival, considerando l’arretratezza delle Istituzioni
e delle Gallerie. L’unico centro di Video Arte storico, è quello a
Ferrara, al Palazzo dei Diamanti, ma solo con funzione di
documentazione ed archivio, non più di produzione. Oggi per arrivare
a dei risultati concreti, bisogna portare avanti sinergie e progetti
condivisi, come nel caso della realizzazione di “Quartiere
Propaganda”, che oltre alla regia di Grazia Grasso, si avvale di
numerosi contributi e collaboratori, che fanno capo alla residenza
professionale presso Villa Bombrini a Cornigliano, nuovo polo
audiovisivo della città di Genova e sede di Genova-Liguria Film
Commission. Anche se, i pionieri del video sono stati un coreano e
un tedesco, oggi sono le donne a esprimersi in modo più’
interessante, come nel caso di Pipilotti Rist , che combina elementi
della performance, della poesia, della musica e della scultura, fino
alla dimensione ambientale. La ricerca e i video di Eleonora Chiesa
hanno in comune, con questa coraggiosa sperimentatrice, l’esperienza
emotiva, la stessa che ha reso possibile e cosi unico, il progetto di
“Quartiere Propaganda”.![]() |
Eleonora Chiesa, Cross Connect, Frame da video 2013
editing e fotografia Eleonora Chiesa e Grazia Grasso
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Un
tuo video, che punta sulla condivisione simbolica e reale delle
esperienze e delle idee, è “Cross Connect”, video e
installazione ambientale: il nastro bianco che intreccia gli alberi
all’architettura, il cielo alla terra, all’interno
dell’Università di Genova, è contro all’isolamento umano e
culturale. La dimensione etica e sociale, è sempre così pregnante
nel tuo lavoro?
Si
lo è, inevitabilmente. Il contenuto etico (o la sua negazione)
quanto la bellezza, sono parte costante di ogni opera, dalla tragedia
greca, alla fiaba, fino ai film di oggi. Ad ogni creativo spetta
scegliere da che parte stare e come farlo. Dai tempi di Caravaggio
alle avanguardie, l’arte che parla intensamente del proprio
presente si scontra con l’ordine e ‘la buona educazione’
dell’arte di sistema, quale “prodotto compiacente” di una
società borghese che ne permette la sopravvivenza. Nel film Cloud
Atlas, Sommi-451,
durante uno dei momenti più significativi del film (la rivolta per i
diritti degli “artifici”), mentre proclama il discorso rivolto a
tutti gli abitanti della terra dice:“La nostra vita non ci
appartiene. Dal grembo materno alla tomba, siamo legati agli altri.”
Questa frase è tanto semplice quanto profondamente vera, nessuno
esiste e può esistere e può vivere, indipendentemente
dall’esistenza altrui, senza la relazione con gli altri “non
potremmo conoscere neppure il nostro nome”, basta pensarci un
momento per capirlo; in questo orizzonte di comprensione, la domanda
che viene da porsi è, come si può ancora pensare che il destino o
la condizione altrui non ci riguardi: è ovviamente un’illusione. Quando
sono stata invitata dall'università di Genova ad intervenire negli
spazi dei palazzi di Lettere e Filosofia, non è stato facile gestire
l'iniziale emozione di ritornare ad interagire con quei luoghi in un
altro modo, rispetto alla mia precedente esperienza di studente ;
proprio quella sensazione di sentirsi come fili dentro una grande
trama densa di input , che mi ha suggerito l'intenzione generale del
progetto: le prime esplorazioni di quei grandi edifici storici, le
scritte sui muri, le voci e i rumori sovrapposti nei corridoi e negli
atri, fino alle lezioni di cinema, o di estetica avvolte da
quell'atmosfera solenne come se si fosse ad una messa consacrata
all'arte. L'Università, come tempio, luogo ideale simbolico (penso
all'enciclopedismo illuminista) di trasmissione dei saperi e
conoscenze, teatro di vite ed esperienze, in cui le persone si
incontrano e come in una grande città/comunità, intrecciano i
propri destini evolvendo momento dopo momento, attimo per attimo. In
Cross Connect, ogni fettuccia è una vita ed una storia che per
muoversi, vibrare ed arrivare ad altri punti ha bisogno delle altre
come sostegni e supporto. Le fettucce bianche collegate tra loro,
uniscono gli alberi del giardino interno al palazzo. Ogni albero, è
specchio di un esistenza, simbolo antico dell'uomo in quanto essere
di corpo e spirito che tende allo stesso tempo verso il cielo e la
terra, alberi che comunicano in continua relazione e connessione tra
loro. Cross Connect è anche il nome con cui vengono chiamati i
grandi apparati di inter-connesione e scambio dati nelle
telecomunicazioni internazionali tra grandi aree geografiche, come da
uno stato all'altro - ricordo bene questo tipo di apparati perché Il
mio primo lavoro prima di fare l'artista era proprio quello di
testare i software preposti al funzionamento di queste macchine - Il
parallelismo tra i dati trasmessi, (informazioni) e le storie che
rendono possibili questo passaggio, è dunque immediato. L'azione
ripetitiva e meticolosa di legare e collegare tra loro tutti questi
elementi, intende mettere in luce questa relazione. Cross Connect
nasce come ideale e inattesa prosecuzione del precedente Crossing
(Video, 2010) in cui la metafora - trasposizione tra
soggetto/individuo sociale e oggetto simbolico è anziché tra
vite/storie personali e i nastri bianchi, è invece tra le
vite-destini dei migranti e barchette di carta realizzate con
fotocopie di passaporti stranieri (che senza altre possibilità di
scelta si trovano a tentare il tutto per tutto attraversando il
mediterraneo nel desiderio di un futuro distante da guerre,
persecuzioni o carestie - e paradossalmente se sopravvivano vengono
trattati come criminali e rinchiusi senza aver commesso reati, ma
solo perché esseri umani fuori dallo schema che il sistema attuale
ha previsto, proprio come fu per le vittime dei campi di sterminio…
un emergenza sociale che sta diventando un altro olocausto - Crossing
si rivela tragicamente attuale viste le ultime vicende con numeri da
genocidio a largo di Lampedusa)
Nel
video della performance “Carillon,” oltre che un sodalizio con la
musica, tu stessa sei attrice della performance, appesa ad
un’imbragatura di corde come una bambola/uccello, “Il corpo
rimane segnato e il dolore prodotto dal proprio peso aumenta”. C’è
un inevitabile riferimento alla Body Art e all’utilizzo della
fisicità per veicolare il significato. Pipilotti Rist , classe 1962,
lei stessa protagonista dei propri video, prende una posizione
precisa di condanna sul sabotaggio e sulla mercificazione del corpo
femminile, esasperata anche nell’ambito di MTV, programma di video
musical. Anche se se più giovane, come ti rapporti con queste
dinamiche? In “Carillon” evochi anche la cristallizzazione
dell’icona femminile?
Carillon
(2006) nasce dal pensiero di una forma in movimento perpetuo, un
azione che potrebbe potenzialmente svolgersi all'infinito.
La
figura femminile che impersono nell'azione, è un soggetto e oggetto
al tempo stesso, un personaggio in assenza di narrazione o
evoluzione. Un soggetto “oggettificato'” e idealizzato in schemi
sociali standard (madre, moglie, amante, in ogni caso oggetto da
possedere) come spesso nella società viene fatto con il ruolo della
donna. Nella performance, il movimento come il tentativo di liberare
il corpo dal peso stesso del suo esistere, è una sfida
all'immobilità della costrizione. La forma candida ed estetizzante
della donna nel carillon, suggerisce una leggerezza in antitesi con
gli sforzi e i goffi tentativi di sciogliere i nodi che legano il
corpo “appeso a se stesso”, un paradosso immediato con lo
svolgersi dell'azione, accompagnata dal suono ipnotico leggero e
profondo allo stesso tempo, con battute che proprio come l'azione non
si risolvono.
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Carillon
W015, foto della performance - 2006
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Nel
1997, il Turner Prize, creato dalla Tate Gallery, è aggiudicato alla
fotografa e video artista Gillian Wearing, le cui opere comprendono
un alto grado di complicità con la gente comune che vive nel suo
stesso quartiere, situato a sud est di Londra. La mancanza di
riconoscimenti ufficiali e di supporto in Italia rispetto all’estero,
è uno ostacolo superabile con la collaborazione e l’autoproduzione?
La
mancanza di riconoscimenti ed adeguato sostegno all'arte
contemporanea italiana rispetto all’estero, certo non facilita le
cose. Gli artisti sono costretti a cercare sostegno nelle istituzioni
e nei privati, cercando di mantenere la propria libertà e autonomia
creativa, e tutto questo, non è sempre semplice.
Sussistenza
e mezzi per la produzione si trovano di solito in committenze
pubbliche o private e collezionismo, ma a volte non sono sufficienti
in un panorama di grande crisi culturale come quello in cui si opera
ora; oltre a questi “meccanismi” tradizionali, esistono delle
valide alternative come l'autoproduzione condivisa (di mostre e
progetti) e l'organizzazione diretta da parte degli stessi artisti,
tra collettivi e piattaforme plurali di diffusione.
Lavorare
o essere inseriti in meccanismi di cooperazione, trovandosi insieme
ad altri colleghi e amici uniti da intenti comuni e sensibilità
affini, è sempre un esperienza che arricchisce e aggiunge nuovi
stimoli. L'ultima mia partecipazione a Maratona Perfomance curata da
Paolo Angelosanto nell'ambito del F.a.c.k Festival a Cesena questa
primavera, ad esempio, mi ha dato moltissimo, è stato un evento
condiviso che ha creato sinergie e legami attivi per l'organizzazione
di nuove iniziative intorno ai temi all'agire performativo
contemporaneo, indipendentemente dal mercato delle gallerie o dai
luoghi espositivi deputati .
Plessi,
mette in relazione forma o meglio formato e contenuto e le sue
installazioni sonore sul tema dell’acqua, sono liriche ma anche
estremamente spettacolari, con un riferimento all’aspetto
monumentale in architettura. La tua visione estetica ed espressiva mi
sembra più austera e minimalista. Una soluzione più efficace per
veicolare emozioni?
Non
saprei come rispondere in modo definitivo a questo; la forma estetica
dei miei lavori varia molto in relazione all'ambiente e
all'intenzione dell'azione, come all'intenzione e al messaggio del
progetto stesso, potrei dire che è dipendente dalle intenzioni ma
forse anche questo non è del tutto sempre vero.
Per
esperienza diretta, vedo che dal disegno, alla fotografia, al video,
ma sopratutto nella performance, il risultato finale dipende da una
sorta di “autonomia alchemica” dell'opera, mi spiego meglio:
quando anche ci si illude di aver totalmente diretto o controllato
tutto, non si riesce mai a farlo fino in fondo; ed è ciò che accade
intorno, che completa il lavoro e lo rende ciò che deve essere: “la
sua quint'essenza” .
In
“About Identity” per ragionare sugli stereotipi e sulle
convenzioni, ti travesti da sposa e compi un’immersione nell’acqua.
Luigi Ontani, gli artisti inglesi Gilbert&George e la stessa
Marina Abramovic, giocano sul travestimento e sul camuffamento. Per
gli esiti dei tuoi video, quanto è stato determinante essere
protagonista, mettendoti in gioco?
Il
travestimento è un modo classico di usare gli archetipi sociali per
diventare o incarnare altro da se, rispetto a ciò che si vuol
esprimere; dal punto di vista antropologico il travestimento si trova
ovunque, dai rituali sciamanici alle maschere del teatro popolare,
dall'arte alla religione, è sempre stato usato e credo lo sarà
sempre.
About
Identity è un stato un lavoro molto duro per me, ho dovuto scendere
in profondità per riflettere su un tema universale come l'Identità,
e ho dovuto farlo senza compromessi.
La
performance che ho realizzato a Vittorio Veneto, si è articolata
sulle dinamiche e i simboli classici del rito, la purificazione del
corpo con la cenere e l'immersione totale in acqua, la rimozione
volontaria di elementi “indentitari”, come i capelli e indumenti
convenzionali (nelle performance ho indossato il mio abito da sposa,
e la ragazza che mi ha assistito indossava quello di mia madre) e
come ultimo gesto e sigillo a completare l'atto: la
benedizione-approvazione di un bacio .
Durante
l'azione, si poteva sentire un l'istallazione sonora registrata, un
sorta di mantra in loop che ripeteva: '”Non cercare l'oro dove non
c'è”; quell'oro interiore, non si trova credendo nell'univocità
dell'identità singola o di quello che c'è scritto sui nostri
documenti .
Forse
ora che è passato del tempo da quel lavoro, ripensandoci
attentamente potrei dire, che About Identity conteneva un
messaggio-invito di fondo: l'antico e attualissimo “Conosci Te
Stesso” di Delfi, e per conoscere se stessi è necessario
distruggere l'identità e tutti gli elementi tipici che la connotano:
ego, ruolo, genere, abito, classe sociale; perché parafrasando
Rimbaud: 'Io è un altro’, e Il travestimento, diventa una via di
accesso alle altre infinite identità e alla nostra interiorità
autentica .
Sia
Nan June Paik, che Wolf Wostell, hanno condotto una ricerca musicale
parallela coinvolgendo John Cage e Stockhausen. Rimane storica, la
collaborazione tra Paik e la violoncellista americana Charlotte
Moorman, che partecipa alle sue performance, come quella censurata,
nella quale lei ha due piccoli schermi televisivi sul seno nudo. In
Italia gli ambiti di sperimentazione sono fortemente separati, anche
se l’aspetto sonoro e visivo nel video viaggiano su binari
paralleli. Come scegli i tuoi collaboratori tra i compositori ed
interpreti per i tuoi progetti?
In generale cerco sempre di non applicare criteri rigidi ma di affidarmi all’intuizione e all'ascolto rispetto al tipo di interlocutore-collaboratore che di volta in volta cerco.
L’arte
multimediale è quasi sempre una pratica collettiva, anche quando non
lo sembra. Sarebbe difficile organizzare un azione, un video o un
installazione, senza avvalersi di altre collaborazioni, sopratutto
per quanto riguarda il suono, a cui molto spesso ho contribuito
direttamente all'editing oppure altre volte mi sono affidata
interamente all'interpretazione personale del musicista, cosa
possibile, quando c è una provata sensibilità comune, come nel caso
della collaborazione con il music producer berlinese DIEB (Til
Kerlen), o con gli amici port-royal, Modus e Mass Prod, per la
colonna sonora di Quartiere Propaganda.
Per
quanto riguarda gli interpreti di un video o di una performance, più
che scelta parlerei di incontri. Oltre all'aspetto professionale ed
estetico, è molto importante stabilire un rapporto di interscambio
con le persone che si coinvolgono, in modo che l'azione compiuta non
sia percepita come prestazione d'opera, ma piuttosto risulti fondata
sull'agire insieme in un ottica comune e condivisa. Il dialogo
relazionale facilità e crea Sincronia nell'azione.
Il
coinvolgimento tra individui che cooperano condividendo un idea
comune, contribuisce ad aggiungere tensione e autenticità all'atto,
ad esempio: realizzare una performance pubblica come TRUE Project non
sarebbe stato possibile con interpreti che non avessero condiviso in
pieno il messaggio politico del progetto.
Il
Festival di Video Arte di Locarno, parallelo a quella del cinema, è
ormai conosciuto a livello internazionale. I video artisti ancora una
volta, prendono le distanze dalle gallerie e soprattutto dalle fiere,
per privilegiare i Festival. Nel 1991 a Berlino, la rassegna
Metropolis, relega i video esposti in una zona buia del Museo.
Successivamente c’è una proliferazione di video e fotografia.
Quale canale di diffusione preferisci per veicolare il tuo lavoro?
Mostre
collettive, rassegne, conferenze, festival multimediali, azioni e
installazioni site specific in spazi pubblici, luoghi deputati e non.
Ogni contesto è lecito poiché, consente al messaggio di un'opera
di arrivare al pubblico, se esso è disposto ad accoglierlo.
Il
Casting e il coinvolgimento degli abitanti di Cornigliano, la fase
cruciale del progetto “Quartiere Propaganda”, come è stata
proposta ed accolta da coloro, che sono stati selezionati come i
protagonisti, i testimoni della loro comunità? I testi da leggere
sono stati scelti da loro o avete fatto anche voi delle proposte,
come nel caso delle filastrocche o dei fumetti per i bambini?
Quartiere
Propaganda, come progetto video trasversale tra il film è il
documentario, si è basato fin da subito sull'interazione con il
territorio attraverso l'approccio della pratica relazionale con i
cittadini, come soggetti primari del tessuto sociale e le realtà
aggregative che ne fanno parte. Lo svolgimento del casting, ha
permesso di creare una prima occasione di contatto, per presentare e
far conoscere il progetto agli abitanti e alle associazioni del
quartiere interessati a confrontarsi attivamente come interlocutori e
rappresentanti della propria comunità, quale realtà in continua
trasformazione e specifico luogo di incontro fra città e periferia
(un grande ponte unisce Cornigliano al resto del centro città).
L'interazione diretta e il confronto sulla scelta dei libri come
strumento classico di diffusione della cultura e dell'informazione,
sono stati parte di un esperienza positiva costruita sulla
partecipazione degli aspiranti protagonisti e di tutti quelli che
hanno contribuito attivamente alla realizzazione pratica delle
riprese. I testi e i libri letti nel film dalle persone sono stati
proposti da loro, a volte discussi insieme, altre volte scelti
relativamente agli argomenti suggeriti da me e Grazia; forse si può
affermare che l'insieme dei testi letti possa essere interpretato
come testimonianza delle aspirazioni, delle attività e degli
interessi di una comunità, in un determinato momento storico.
Nonostante
il degrado e il disinteresse per la cultura, continuerai a lavorare
in Italia o hai in programma anche future collaborazioni all’estero?
Il
degrado e il disinteresse per la cultura in Italia purtroppo, è il
risultato di un lungo trentennio di riforme dell'istruzione ed un
abbassamento generale dell'offerta formativa unito a un sistema
dell'informazione di massa sempre più filtrato e superficiale.
Nonostante questo credo che ci siano buone speranze di miglioramento
della coscienza collettiva in futuro, stiamo infatti vivendo, in un
momento di grande trasformazione che si estende in tutta Europa,
Italia compresa, in cui esiste un fitto sottobosco di ambienti
alternativi in continua espansione, che potrà dare una nuova linfa
all'ambiente artistico e culturale. Continuerò a lavorare in Italia
come fuori, ovunque ci siamo delle emergenze, delle criticità da
sottolineare e nuovi interrogativi da porre, perché dalle
avanguardie storiche ad oggi, il ruolo dell'artista come
intellettuale che si esprime attraverso il linguaggio “anarchico ed
incontrollato” dell'arte, è necessario ad anticipare i movimenti e
le idee che verranno.
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Eleonora
Chiesa, Quartiere Propaganda,
foto di Produzione 2012 - credit
Fabrizio Pezzoli
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