“Le mille luci di Marco Pollice”
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Marco Pollice |
“I colori oramai non sono più pigmenti, sono luci. Noi viviamo almeno il sessanta per cento della nostra giornata in mezzo a luci colorate. I casi sono due: o ci spariamo, perché non sopportiamo questa disumanità del paesaggio che ci circonda, oppure ci viene voglia di capire che cosa possiamo farne” Ettore Sottsass
Oggi i passaggi tra le espressioni
artistiche sono fluidi, non esistono linee di demarcazione tra scultura,
pittura, architettura e design. Chi opera in questi territori senza confini,
come Marco Pollice, riconosce che gli ambiti di ricerca e di progettazione si
sono amplificati: dall’oggetto all’abitazione,
dalla città fino
al paesaggio urbano e alla dimensione sociale. Come auspica, in anticipo sui
tempi, il grande teorico prima che designer Ettore Sottsass, non si può eludere
l’impatto
psicologico, prima che estetico, che le invenzioni e i progetti urbani hanno
sulla comunità intera.
La luce è stata un elemento centrale per
tutti gli innovatori: nel cinema, con i chiaro scuro di Friz Lang e gli sguardi
illuminati di Buster Keaton, in pittura, con gli scorci psicologici di
Caravaggio, con la luce artificiale di Vermeer, e le installazioni neon di
Fontana, in architettura con l’apertura alla
luce naturale nelle costruzioni di Le Corbusier. E questi sono solo pochi
esempi. Eppure per molto tempo, come in altri settori, l’Italia
è rimasta indietro nell’uso delle nuove tecnologie e
delle infinite risorse legate all’illuminazione.
Il nostro immaginario collettivo spaziava in modo limitato dai principeschi
lampadari veneziani di Murano, ai neon asettici e asfittici dei garage o dei
lampioni delle nostre città, senza
dimenticare le abatjour del tinello negli anni 50’.
Non per Marco Pollice che è sempre stato al passo coi tempi, facendo ricerca e
aggiornamenti costanti.