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Antonio Mancinelli in un' illustrazione di Stefano Delli Veneri
per il libro "Andrea negli anni '80"
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Oggi parla Antonio Mancinelli, giornalista e scrittore, caporedattore di Marie Claire.
Ha pubblicato due libri: “Moda!” con
Sperling&Kupfer nel 2006 e “Finalmente libere” sempre per
Sperling&Kupfer nel 2011.
www.antoniomancinelli.com
www.antoniomancinelli.com
Nella
città, alla fine dell’89, era di moda a Milano l’Isola.
Poi ci fu l’esplosione dei quartieri
dietro la vecchia stazione di Porta Genova, e specialmente, nelle vie
Tortona e
Savona, oggi street-art.
L’Isola era come un paese ma dalla fama famigerata. Zona di
ladri con un variopinto mercato al sabato, come a Campo dei Fiori a
Roma.
Io ci stavo bene in quella atmosfera un pò trasgressiva. Vivevo in Porro Lambertenghi.
Io ci stavo bene in quella atmosfera un pò trasgressiva. Vivevo in Porro Lambertenghi.
Si facevano
spesso grandi feste anni Ottanta, le mie vicine, vedove sorde di
anziani artisti,
non
protestavano mai. Non c’era ancora Corso Como 10, ma botteghe artigianali,
come quella del liutaio, del libraio poi diventato scrittore, e la
pasticceria.
Un
po’ come Soho a New York. Da quartiere con una pessima nomea,
a zona alternativa
e radical chic. Da qui esordì Romeo Gigli. Il suo primo
negozio fu un garage
in zona. Quindi si trasformò da malsana periferia ad atelier
di artisti famosi, come
Marco Petrus, oggi esposto anche a Mosca. In questa zona, la
discoteca Nuova Idea
è stata un punto di riferimento del mondo gay. Anche a Roma
avvenne lo stesso fenomeno
di cambiamento nel quartiere intorno a Piazza Farnese e a Piazza
Navona.
Fino
agli Ottanta sconsigliabile, divenne poi zona di tendenza, grazie al
glamour della moda,
e di negozi come Tangenziale Moda dove Maurizio Galante radunava i couturier,
e il Bacillario spazio dark. Il contrario avvenne con il Caffè
della Pace, allora
famosissimo, oggi un po’ defilato. Con l’uscita dagli anni di
piombo, dall’angoscia
dei giorni del rapimento Moro (1978), si ha voglia di leggerezza:
ecco il
rilancio del Piper,
l’uscita del film cult Saturday Night Fever.
Il ballo, la musica, il divertimento
aiutarono a risollevarci dagli anni bui del terrorismo.
Fine, tra l’altro, della
schiavitù musicale degli Intillimani!
Due
cult movies segnarono poi la fine degli anni Settanta: Io sono un
autarchico ed Ecce
Bombo di Nanni Moretti. Il finale amaro di quest’ultimo
è la
donna depressa lasciata
sola.
Gli
anni Ottanta
segnano inoltre il ritorno all’egotismo, all’abbandono, al disinteresse,
alla spinta individuale. Si pensa solo a sedurre, al sesso, al week
end, al lavoro
come autoaffermazione, all’apparenza,
ai soldi, al successo (binomio caro al Gordon
Gekko - Michael Douglas - in
Wall Street) e… a finire in copertina.
Il
massimo interesse nel giro di poco tempo divenne la moda, dimenticata l’austerity. Non
più le divise come negli anni Settanta ma finalmente, liberi,
belli e fighi. Poi però
l’omologazione ritorna con i paninari e il loro look tutto
Timberland. Invece il Moncler
è ancora nei nostri armadi. Non ci sentivamo più
impegnati ma soltanto più frivoli.
Basta col femminismo, ecco la gioia di essere se stessi. Portavamo
tutti la giacca
di Thierry Mugler, come reliquia.
Solo
nel ’77 l’Italia era su Stern rappresentata da una pistola su un
piatto di spaghetti, mentre
nell’82,
trionfa Time con la copertina su Giorgio Armani, re Giorgio e gli Azzurri
di Rossi, Tardelli e Altobelli sono i campioni del mondo!
Ma
diciamo che il ‘made in Italy’ nasce nel ’77,
con la prima sfilata di Armani al Principe
Savoia a Milano, poi Beppe Modenese –
icona
del made in Italy –
poi
il
successo
di Milanovendemoda. E’
di questi anni anche l’uscita del Vanity illustrato da
A. Lopez…e
il mensile Moda di Corona. Purtroppo negli Eighties parliamo anche di
AIDS, il tema più forte e più sentito.
Ma
in fondo ci si voleva prendere una parte di felicità strappata
dagli anni di piombo, ci
si ribellava all’austerity,
non sono per me
anni superficiali ma di giusta evasione, anche
anni di libri cult come Il postmoderno di Lyotard.
La
trasmissione simbolo è stata Quelli della notte con
Arbore e Roberto d’Agostino nei
panni del lookologo alle
prese con L’insostenibile leggerezza dell’essere di
Milan Kundera.
Come
musica? Ho visto la nascita di MTV made in Usa, i video, Simon Le
Bon, gli Spandau
Ballet, gli Ultravox…colonne sonore di stilisti avant guarde come
Vivienne Westwood,
J.P. Gaultier…insomma
piaceva il bello in quanto bello, senza tante menate!
Per
me è stato divino Bruce Springsteen
nell’84 con il disco Born in the Usa,
lui era the
Boss: restituiva la possibilità del sogno americano, lui così
bello, le sue canzoni come
ballate…proprio
l’incarnazione dell’American Dream,
e ai concerti si stava insieme
per il piacere di stare insieme.
Poi
il fenomeno Madonna che suscitò e suscita assoluto scalpore
ancora oggi.
Ricordo
infine la festa per i primi 20 anni di Fiorucci
a Parigi…una grande
fiducia per
una futuro in technicolor!
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