domenica 6 aprile 2014

LA GRANDE MUSICA- "Cavalleria Rusticana" e "Una sposa per lo zar" al Teatro alla Scala;
"Tannhaeuser" di Richard Wagner alle Festage di Berlino
di Carlo Schiavoni


Palcoscenico vuoto e orpelli ridotti al minimo,  coro in scena per tutta la durata dell'opera,contraddistinguono l'allestimento di Mario Martone ( crediti fotografici: Teatro alla Scala@Brescia e Amisano)



Felice ritorno alla Scala è stato quello di “Cavalleria Rusticana” nell’allestimento del 2011, per la regia di Mario Martone e la direzione di Daniel Harding. Allora venne rappresentata assieme a “ Pagliacci”, binomio storico e quasi naturale da quando Pietro Mascagni stesso le diresse alla Scala in un'unica serata nella lontana stagione 1925/26.

Nel severo allestimento di Mario Martone, ogni elemento bozzettistico è bandito. In scena predomina il nero; il coro assiste e commenta gli avvenimenti come il coro di una tragedia greca. Allo stesso modo, il maestro Daniel Harding dirige la partitura prosciugandola di ogni enfasi e sentimentalismo; ne risulta così una esecuzione di gusto raffinato che guarda alla seconda scuola di Vienna. Siamo dunque riconoscenti a Martone e al Maestro Harding di avere fatto piazza pulita di quell’ “estetica dell’urlo e di quell’ “estetica del coltello”, di cui parla Rubens Tedeschi nel saggio pubblicato dal Teatro nel programma di sala ( saggio che riprende quanto già Rubens Tedeschi scrisse, dal titolo “Cav & Pag” per i programmi scaligeri della stagione 1980-81 in occasione, appunto, della coppia d’assi “Cavalleria Rusticana e Pagliacci”). Il riferimento alla scuola di Vienna non è casuale chè Cavalleria Rusticana è stata preceduta dall’esecuzione dell’Adagietto dalla Quinta Sinfonia di Gustav Mahler, che Roland Petit scelse  a fondamento del proprio gioiello coreografico “La rose malade”, che ha avuto in Maria Eichwald, etoile del balletto di Stoccarda, e in Igor Yebra, due interpreti di tecnica adamantina e di rara intensità. Impressione accresciuta dal lungo silenzio con cui il pubblico ha accolto l’ “Adagietto” mahleriano, prima di sciogliersi in un lungo applauso liberatore. Silenzio richiesto da Daniel Harding, in ricordo del proprio mentore, Claudio Abbado.


Olga Peretyatko (Marfa) e Anna Lapkovskaia (Duniasa) in " Una sposa per lo zar" (crediti fotografici: Staatsoper Berlin@Monika Rittershaus)

Opera tra le più popolari in Russia, giunge per la prima volta alla Scala, come novità assoluta,  “Una sposa per lo zar”, perla di Nikolai Rimski Korsakov. Andò in scena nel 1899 a Mosca in un teatro minore, il teatro Solodovnikov, animato dal mecenate Savva Mammontov, che di  Rimski aveva già favorito la rappresentazione di precedenti opere quali “Sadko” nel 1896, “Mozart e Salieri” nel 1897 e “La boiara Vera Seloga” nel 1898. Sullo sfondo della Russia di Ivan il Terribile, si consuma la tragedia della gelosia di Marfa e Liubasa. Lo zar mai compare in scena: ma è evocato di continuo ed incombe minaccioso sulle vite dei personaggi. Immaginifica è la regia di Dimitri Tcherniakov: le vicende si dipanano in un contemporaneo studio televisivo. Assistiamo alla vita di Marfa, una ammaliante, e vocalmente e scenicamente, Olga Peretiako , spiandola attraverso le finestre di casa…Allo stesso modo in cui la rivale Liubasa, Marina Prudenskaia, la spia per carpirne i segreti. Dall’allestimento di Tcherniakov, le vite di Marfa e Liubasa ne escono sbalzate moderne e attuali. Sul podio, Daniel Barenboim rende giustizia alla trascurata partitura.


Le Festage, fondate dal Maestro Barenboim allorchè assunse la direzione della Staatsoper di Berlino nel 1989, e svolgentesi ogni anno nella settimana di Pasqua, sono ben presto diventate uno dei principali festival primaverili d’Europa. L’edizione 2014 è stata inaugurata da “Tannhaeuser” di Richard Wagner, in un nuovo allestimento affidato a Sasha Waltz. Si esegue la versione  di Dresda, risalente al 1845, con l’inclusione del “Baccanale”,  “orgia sonora” nella definizione di Quirino Principe, aggiunto dal sommo compositore  per la versione di Parigi del 1861. Poche opere di Wagner, ebbero una genesi così complessa. La versione di Parigi non esaurisce le revisioni della partitura. Ad essa farà seguito un ultima versione, quella di Vienna, andata in scena nel 1867 all’odierno Nationaltheater di Monaco di Baviera e nel 1875 alla Hofoper di Vienna contenente un ‘ulteriore revisione della sinfonia… I nostri venticinque lettori non ce ne vogliano se, impegnati nel cimento di riassumere in poche righe le versioni del capolavoro di Wagner, siamo incorsi in omissioni.

Marina Prudenskaja ha sostenuto il ruolo di Venere nel "Tannhauser" di Richard Wagner a Berlino, per la regia di Sasha Waltz (crediti fotografici:Staatsoper Berlin am Schiller Theater@Bernd Hulig) 


La ricchezza dei temi dell’opera wagneriana rimane tuttavia estranea alla regia di Sasha Waltz; pur pregevole esteticamente, l’allestimento è una successione di scene, eleganti fin che si vuole, ma prive di una meditata visione d’assieme.

L’esecuzione musicale è  invece ragguardevole chè pochi direttori  oggi conoscono i segreti di Wagner come li conosce Barenboim, il quale dirige la Staatskapelle di Berlino, orchestra “germanica” per eccellenza e, come poche, capace di dare corpo sonoro al pensiero di Daniel Barenboim. Un miracolo di longevità vocale è Peter Seiffert nel ruolo del protagonista; accanto a lui, Peter Mattei disegna un lirico e nobile Wolfram, mentre il grande Renè Pape è un lussuoso Landgravio.  Meno felice, infine è la prova di Ann Petersen quale Elisabeth. Vince il confronto la Venere di Marina Prudenskaja.

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