sabato 20 settembre 2014

StorieReali presenta: INTERVISTA A CLAUDIO POZZANI

                                    

                                   “Il mio cuore messo a nudo”


Claudio Pozzani, foto di Dino Ignani

Nella poesia di Ezra Pound, viene in continuo rievocata, l’immediatezza del parlato. I suoi Cantos, sono stati definiti , come un fiume sonoro continuo, una “rapsodia ipnotica”. Mito e convinzione, che lui stesso, ha alimentato, potendo ascoltare la sua voce registrata, ancora oggi. Di questa sostanziale differenza, tra la parola scritta e quella parlata e della possibilità teorizzata da Breton, di conciliare gli opposti, il poeta, teorico e performer Claudio Pozzani, è stato sempre consapevole, nel suo impegno costante di ampliamento delle possibilità oggettive della Poesia e della continua valorizzazione dei suoi strumenti espressivi e di divulgazione. Pur subendo la seduzione del Futurismo e dell’idea “dell’autore di cantare”, Pozzani vuole prendersi una responsabilità nuova, rispetto alla rottura e alla provocazione dell’avanguardia storica (dal futurismo al dada al Surrealismo) e nei confronti delle ricerche linguistiche degli anni Sessanta e Settanta, rivolte principalmente al progetto. La ricerca estetica chiusa in se stessa, autoreferenziale, ha già mostrato i suoi limiti. Per Claudio Pozzani, la Poesia prende forma e significato, ritrova il senso originario, attraverso il tono della voce, con le espressioni del volto e i movimenti del corpo. Ed è poi, l’interlocutore a darne la lettura finale, l’interpretazione mutevole. Come creatore e organizzatore di numerosi Festival internazionali di Poesia, Claudio Pozzani, riconosce la staticità e il torpore della sua città: Genova, che pur nella sua particolare unicità, rispecchia il resto dell’Italia: chiusura nei confronti del nuovo, poca flessibilità al ricambio generazionale, un triste primato dei libri invenduti e non letti e disinteresse nei confronti della cultura e del patrimonio artistico, del passato ma soprattutto del presente.
E’ stato anche a causa di questo desolante panorama e del progressivo degrado etico e colturale , a spingere Pozzani, ad uscire dagli ambiti accademici ed istituzionali, per invadere scenari inediti e luoghi inconsueti: piazze, spiagge, barche, boschi, musei, palazzi in rovina, strade e vicoli. La necessità sociale di uscire dal libro, attraverso la lettura, la performance, non vuole rinnegare la pagina stampata, al contrario, l’esperienza scritta diventa sonora, uscendo allo scoperto, verificandone l’impatto, nel mondo ogni volta. Esistono misteriose e naturali corrispondenze sotterranee in Poesia. “Ho vomitato l’anima”: testo poetico, che Claudio Pozzani, ha scritto, letto ed interpretato, rinnovandone più volte i significati e l’intensità di coinvolgimento con l’interlocutore, si colloca infatti, nella stessa storia ed esperienza letteraria di Walt Whitman con Song of Myself, di Adgar Allan Poe, nel “Il mio cuore messo a nudo” (My heart Laid Bare) e poi di Charles Baudelaire, con il suo diario autobiografico e di Rousseau nelle Confessions, per giungere fino a Pound, che raccoglie a sua volta, questi esempi letterari per i suoi Cantos.  
“Quando il senso è sonno, la parola dorme. Quando il senso danza, la parola danza”: ripeteva Samuel Becket, difendendo senza tregua e senza riserve la poesia, che non è fatta solo per essere letta. Bisogna guardarla, ascoltarla. La scrittura, non è infatti, componimento su qualcosa, è quel qualcosa.
www.pozzani.org

 La Poesia contemporanea caduta nell’oblio, introvabile nelle librerie, snobbata dall’editoria in crisi, è riemersa sotto forma di nuovi linguaggi e strumenti espressivi: la Compagnia delle Poete, ad esempio, con grande successo e seguito di pubblico, trasforma i suoi testi, in rappresentazioni teatrali itineranti, con scenografie minimaliste, per incentrare l’attenzione sui contenuti. Nel tuo caso, prediligi la lettura piuttosto che la recitazione. Quali possono essere le differenze e gli effetti provocati sul testo e sull’interlocutore?
La poesia è come un fiume carsico che riemerge dove e quando meno te lo aspetti. Anche se nuovi linguaggi e strumenti espressivi rappresentano una necessaria e interessante evoluzione, sono convinto che la poesia, se di buona qualità, non abbia bisogno di "stampelle" di altre arti (video, musica ecc) per essere uno spettacolo capace di entusiasmare il pubblico, anche quello che non ha mai aperto un libro di poesia (che è la maggioranza). Io stesso ho pubblicato un CD con mie poesie e musiche, ma rappresenta una possibilità e un progetto ben preciso. Solitamente faccio reading da solo e posso dire che la risposta del pubblico è ottima, anche in situazioni che si direbbero poco adatte a una lettura. Detesto chi mette musica in una lettura poetica tanto per renderla più "digeribile": se hai paura di essere noioso con le tue parole è perché probabilmente lo sei. Devo dire che anche come organizzatore preferisco sempre che sia l'autore a leggere le proprie poesie piuttosto di un attore, che troppo spesso risente di una "scuola" che omologa e che spinge a leggere più o meno allo stesso modo Leopardi e Ungaretti. In venti anni ho conosciuto pochi attori teatrali capaci di interpretare le poesie, come Haber, Cederna, Nicolini. Poi, va anche detto, i poeti dovrebbero sempre prestare attenzione alla dimensione orale delle loro poesie, visto che la lettura in pubblico, dopo secoli, è ancora il mezzo di veicolazione più potente.

In America e in Inghilterra, la Poesia è insegnata nelle scuole e all’Università, è materia di Master e nei corsi di recitazione. I giovani e non, utilizzano i testi contemporanei, mescolati a quelli del teatro di Shakespeare e a quelli dei poeti romantici, per i loro happening e per le sperimentazioni e contaminazioni linguistiche: dalla Narrative art fino al video e alla performance. In Italia ci rimangono gli sfoghi altisonanti dei presunti capolavori nel cassetto e i Promessi Sposi di Manzoni, imposto nelle scuole. Come si trasforma la Poesia di qualità, in pratica comune alla quotidianità e piacere collettivo da condividere ed approfondire nel nostro paese?
La scuola italiana, nei suoi programmi ministeriali e buona parte degli insegnanti non ama la poesia. E' un paradosso terribile: molto spesso si scopre la bellezza della poesia finita la scuola, ma è altrettanto vero che se abbiamo una passione per essa è perché un docente ce l'ha trasmessa. Il problema è che solo una minoranza degli insegnanti di letteratura ama la poesia e se non hai tu per primo una passione non puoi trasmetterla. Quando vado nelle scuole medie inferiori e superiori a fare degli incontri, devo per prima cosa superare la diffidenza verso la poesia che hanno gli studenti. E' una soddisfazione doppia vederli entusiasti alla fine della lezione, pieni di domande e idee, mentre il loro approccio iniziale rifletteva il pensiero ricorrente:"oh no... che noia la poesia!" Ho notato inoltre che dovunque io sia a fare i miei reading, alla fine della mia esibizione il pubblico viene a farmi domande e commenti su ciò che ha appena ascoltato, mentre in Italia la maggior parte delle persone che mi vengono a parlare mi danno loro poesie e mi chiedono se posso scrivere una prefazione alla loro raccolta. Questo aspetto ribadisce l'atroce realtà poetica in Italia, dove tutti o quasi scrivono poesie e quasi nessuno ne legge. Un paradigma della società contemporanea, dove tutti vogliono esprimersi anche su cose che non conoscono e non sono interessati ad ascoltare gli altri: questo provoca una sorta di arrogante ignoranza che devasta ogni comparto della vita sociale, culturale ed economica. Io trovo un diretto legame tra la crisi economica e il fatto che si legga poco e non si ascolti: tutte le crisi economiche sono partite da deficit culturali ed etici. Promuoverei molti più workshop e laboratori di lettura creativa e molti meno di scrittura creativa, anche perché molti di questi ultimi sono trappole per ingenui. Poi se ci fate caso, quante volte si impiega l'aggettivo "poetico" magnificando opere di altre arti? Non è un controsenso, visto che la poesia è marginalizzata, irrisa e calpestata ogni giorno a scuola, nei media e nelle case?

La responsabilità della mancanza di confidenza e di passione nei confronti della Poesia, è da amputare, anche e soprattutto alla maggior parte degli intellettuali ed accademici, che hanno sempre snobbato il reale rapporto e relazione con il pubblico. Dare voce e consistenza musicale, ritmo vitale al testo, dovrebbe avere, come fine ultimo, innescare e riscoprire, il piacere e il bisogno, anche solitari della lettura, senza la quale, la scoperta e il godimento, risulterebbero circoscritti ed incompiuti. La condivisione empatica dell’ascolto ma al contempo, il riconoscimento dell’introspezione psicologica e dello spirito critico, che la lettura individuale, scatena. La reale scommessa in atto, è questa riconciliazione degli opposti?
E' vero che molti accademici hanno contribuito a una ridotta passione verso la poesia, mentre la loro missione era l'opposto, ma è pur vero che il cosiddetto pubblico non ha più quella curiosità intellettuale e desiderio che porta a scoprire da soli nuovi mondi e poi, al limite, chiedere strumenti per poterli frequentare con più cognizione e piacere. Quando ricordo i programmi televisivi della mia infanzia, con sceneggiati in prima serata tratti da Dostoevkij, Cronin, Buzzati, Bulgakov, commedie di Goldoni, Ibsen, Molière mi viene spontaneo chiedermi: ma cosa è successo? Allora milioni di cittadini, dal contadino al professore universitario stavano incollati a vedere l'Odissea presentata da Ungaretti, ora qualsiasi esperto di TV ti direbbe che sarebbe un flop perché "la gente non capirebbe". Perché questa involuzione? Perché questa discesa verso l'abisso dell'indifferenza verso il bello, verso la voglia di migliorarsi, di imparare, di guardare in alto, oltre e attorno ai nostri bisogni? Soltanto se ognuno prenderà il tempo per guardarsi allo specchio e ascoltare le proprie voci, gettando via il "viver come bruti" per riconciliarsi con la sua vera natura di ricerca delle cose belle, del piacere, della conoscenza, allora l'intera nazione, continente e mondo migliorerà. Ma è una lotta giorno per giorno, senza tentennamenti e compromessi, sfidando arroganze, invidie e ignoranze che trascinano giù chi tenta di applicare questi valori e principi.


Reading a Poetry Africa, ( Durban, Sud Africa, 2010)

Senza far rifermento alla remota interdisciplinarietà e alla consuetudine di mettere in campo sinergie multimediali, oggi più che mai, la Poesia si può e si deve confrontare, non solo con le altre arti visive ma anche con la scienza, l’antropologia, l’urbanistica, l’ecologia, la storia. Per ritrovare un senso etico e morale. Questo è possibile anche per il lavoro del Poeta? Impegno, che non è solo fare Poesia ed enucleare delle regole?
A una parte della domanda ho già risposto prima. Posso constatare che nell'epoca della comunicazione su fibra le idee forti viaggiano alla stessa velocità di quando Petrarca faceva il giro d'Europa a piedi. Gli artisti contemporanei si influenzavano a vicenda anche allora, quasi in tempo reale. Ora c'è l'egemonia dell'orizzontalità rispetto alla verticalità: superficialità estesa a tutti dove prima c'era profondità destinata a pochi. Torniamo al discorso di prima: 50 anni fa c'era un tasso di analfabetismo molto più alto di ora, però alla TV passavano programmi di un livello culturale impensabile oggi e si leggeva di più. Chi apparteneva a un ceto sociale più abbiente era più acculturato, ora non è così. Fra i professionisti e ceto medio alto non c'è un grande livello di apprezzamento delle cose belle, della cultura, delle arti. Senza parlare della lettura e ancor meno della poesia. Uno studio ha dimostrato che la maggior parte degli italiani si esprime usando 500 vocaboli, pur avendo una delle lingue più ricche. Io sostengo che questa povertà si riverbera nella vita: chi parla male, pensa male e vive male. La violenza, d'altronde, inizia quando non si hanno più altri metodi di comunicazione e dialogo. La povertà di linguaggio accelera i processi di violenza, basti vedere i casi di omicidio tra coniugi. E in tutto questo, qual è il ruolo del poeta? Non certo quello di scambiarsi recensioni favorevoli attraverso i giornali e le riviste. Il poeta è rabdomante, intercetta nuove tendenze del linguaggio, esplora mondi paralleli, è la sentinella che avverte del pericolo della siccità mentale. Sostengo che la poesia dovrebbe essere un'ecologia della parola, che contribuisce a ridare forza e significato alla parola, ormai vilipesa da giornalismo in cerca di sensazionalismo, politica disperata, letteratura kleenex.

A Genova, è inaspettatamente e miracolosamente nato il Gruppo 63’, che faceva capo al suo teorico e poeta Edoardo Sanguineti. La poesia contemporanea, può tener conto di questa eredità storica di sperimentazione e ricerca, senza nulla togliere alle esigenze di apertura e di comunicazione, che hanno attualmente la priorità?

Il Gruppo 63 in realtà è nato a Palermo. A Genova ha vissuto il suo componente più importante, Edoardo Sanguineti. Penso che la poesia italiana nel Novecento sia stata una delle più importanti del mondo. Avere nello stesso secolo dei geni come D'Annunzio, il Futurismo, Campana, Caproni, Montale, Ungaretti, Quasimodo, Saba, Sbarbaro, Penna, Gozzano, Pasolini, Sanguineti, Zanzotto, tanto per citarne alcuni, è stato un miracolo che persino la scuola si dimentica, ma nel resto del mondo è ben chiaro. A mio avviso questa grandezza poetica italiana ha avuto un calo dopo il secondo dopoguerra, dove rimangono solo opere di autori già noti prima e poche nuove voci degne di nota. Uno dei problemi delle generazioni nate negli anni '50 e '60 è stato quello di voler troppo spesso diventare epigoni di realtà o autori come appunto il Gruppo '63 o per altri versi Mario Luzi, spesso per cercare di avere posti e favori negli ambienti accademici e culturali o in riviste letterarie. La poesia non è cambiata: ci sono buoni autori che scrivono buona poesia, spesso emarginati o dimenticati perché non fanno parte di "parrocchie culturali" e altri che sono sopravvalutati e immeritatamente inclusi in antologie. Per quanto riguarda le eredità, penso che più un poeta ha fonti alle quali attingere e influenze e più potrà avere uno stile originale e potente.

Alla Casa delle Letterature di Berlino, 2008
Nel panorama di crisi economica ed di aridità intellettuale, come si trovano i fondi e i sostegni economici per promuovere le iniziative e i Festival di Poesia, considerando che lo Stato, non investe in cultura e ha altre priorità? Si può contare solo sui privati?
Ci sono enti locali, assessori, fondazioni bancarie che riescono ancora a non farsi condizionare dalle mode. A livello ministeriale è tutto da rifare: abbiamo il famigerato FUS, Fondo Unico per lo Spettacolo che in realtà dovrebbe chiamarsi FSU, Fondo per lo Spettacolo Unico, in quanto elargisce soldi solo a teatri stabili, teatri dell'opera e circhi, tre tipologie di strutture spesso simili a carrozzoni dove non c'è innovazione ma si continua a pestare patrimoni artistici di secoli scorsi. Per la poesia e la letteratura non esistono fondi. In Francia c'è il Centre National du Livre che ha un budget ridotto ma ce l'ha, e supporta festival, traduzioni, riviste, eventi. Per me è una beffa continua: il ministero (e a cascata altri enti) non riconosce la poesia come spettacolo dal vivo e quindi da venti anni assisto al paradosso che per esempio le esibizioni di Albertazzi, Capossela, Bergonzoni, Caparezza, Lou Reed, quando vengono al mio festival non sono spettacoli dal vivo, ma se vanno in una rassegna di musica o teatro a fare la stessa identica cosa sì, con l'aggravante che gli altri accedono ai fondi e noi no. Sto preparando un dossier per una proposta di modificazione del settore. Per quanto concerne i privati, bisogna avere la fortuna di incontrare imprenditori coraggiosi e illuminati o che abbiano passione per la poesia. Il Festival di Poesia è una rassegna di grandi numeri e ormai di risonanza internazionale, non è certo destinata a una nicchia. Inoltre, la poesia, essendo l'arte più trasversale che esista, permette innumerevoli connubi con differenti campi merceologici in grado di scaturire possibili joint venture di grande impatto. Quando riusciamo a illustrare queste potenzialità della poesia, i privati rispondono. Purtroppo molti si fermano davanti ai luoghi comuni negativi che circondano la poesia, che è elitaria, che non fa spettacolo. Io dico: venite a Genova a vedere.


Nonostante il deserto imperante, dove le librerie chiudono e l’editoria è sull’orlo del fallimento e destinata alla vendita digitale, trasformando il libro cartaceo in un reperto archeologico, per pochi sopravvissuti, sono nelle sale due film: quello su Leopardi e l’altro su Pasolini. Ancora due esempi d’impegno etico e morale, oltre che intellettuale. Qualcosa è cambiato?
No. Ci sono singoli illuminati che riescono a comprendere la potenza di alcuni personaggi. Nel caso di Leopardi e Pasolini, poi, sono ancora più felice perché si tratta di due grandi intellettuali, fuori dagli schemi e per questo emarginati e in qualche caso espulsi. Ancor oggi sono più considerati all'estero che in Italia. Per Leopardi, uno dei miei poeti preferiti, finalmente viene fuori il suo lato di pensatore ribelle. Generazioni di studenti hanno riso del suo pessimismo, fermandosi a una figurina indotta da una scuola incapace di andare al di là di due o tre poesie magari parafrasate in maniera sommaria. Chi ha fatto leggere passi del suo Zibaldone ai propri studenti? Pochi. Non so se i due film riusciranno a far prendere in mano al grande pubblico i libri dei due autori coinvolti, anzi ne dubito, ma trovo sia importante parlare di poesia fuori dagli schemi abituali. Viviamo poi in un'epoca dove la censura è stata sostituita in peggio dal "politicamente corretto": i film di Pasolini oggi non uscirebbero neanche. E se ci fate caso, metà dei film italiani degli anni '50 o '60 sarebbero massacrati di critiche. Un'annotazione sul libro cartaceo e digitale: sono nato analogico e quindi non faccio testo, rispetto a chi è nato davanti a uno schermo, ma scommetto tutto quello che ho che il libro cartaceo sopravvivrà anche a questa epoca. Abbiamo libri scritti secoli fa, mentre non trovo più la possibilità di vedere una cosa che ho filmato o una che ho scritto venti anni fa, perché non ho più apparecchi compatibili. Basterà una tempesta magnetica a cancellare una storia di civiltà?


Fernanda Pivano, è riuscita come traduttrice e divulgatrice, a trasformare gli autori della Beat Generation, in un fenomeno sociale e non solo letterario in Italia, facendo proseguire poi, il successo di autori come Paul Auster, Ellis e Ian McEwan. Esistono oggi, i presupposti per coltivare e promuovere nuovi poeti e autori italiani e stranieri di qualità, come allora?
Viva i traduttori! Questi appassionati contrabbandieri di lingue e culture ci aprono orizzonti altrimenti impensabili e sono sempre dimenticati e sottopagati. Si dice che la poesia è intraducibile, che il traduttore è traditore, tutte cose anche esatte, ma è altrettanto vero che senza traduttori io non avrei mai potuto accedere a parole e concetti che mi hanno spalancato la mente e il cuore. Penso che ci sia ancora più possibilità di prima, grazie al web e alla facilità di pubblicazione e stampa. Si tratta comunque di rompere il circolo vizioso che in molte nazioni, Italia compresa, è fatto da un gruppo di 20 personaggi che sono al tempo stesso autori, recensori e direttori di collezione e che con strategie e favori reciproci danno accesso solo a se stessi o a qualche protetto. Nel mio festival sono venuti oltre 1000 poeti sia emergenti che affermati, l'unico criterio è la qualità. Se guardate le antologie, le recensioni nei grandi giornali, le rubriche di poesia, troverete sempre gli stessi nomi ricorrenti.


Durante la lettura della tua poesia: “Cerca in te la voce che non senti”, utilizzi anche suoni onomatopeici, trasformando le parole in musica, la voce e il corpo, in strumenti espressivi di accompagnamento, con un aggancio alle performance dadaiste e ai rituali dell’Africa o dei Pellirossa. Come viene recepito dal pubblico questo brano in particolare, rispetto ad una lettura più tradizionale? In base al pubblico presente e al contesto, la scelta dei testi è diversa?
In alcune delle mie poesie, come quella che citavi, uso il mio corpo come uno strumento, a volte percussivo, a volte con effetti vocali. Tuttavia, anche in questi casi più performativi, il testo resta centrale. Ovviamente in "Cerca in te..." oppure in "Tu sei" o "Ingranaggi carnali" c'è una sorta di orchestra vocale e corporea che arriva immediatamente al pubblico, anche senza capire la mia lingua. Nei vari reading faccio una scaletta preventiva, ma poi la cambio a seconda della tipologia del pubblico e dal mio stato d'animo e sensazioni che ho sul palco. All'estero preferisco che la traduzione sia prima del mio testo originale, in modo che il pubblico sappia già di cosa io stia parlando e si possa godere la performance totalmente.

Progetti ed appuntamenti futuri?
Tra settembre e novembre ho un tour di letture all'estero: Armenia, Francia, Spagna, Romania, Ungheria, Canada e Finlandia e quattro libri di poesie in arrivo in Finlandia, Russia, Venezuela e Spagna. Qui in Italia sto per pubblicare "L'orlo del fastidio", un libro a metà tra raccolta poetica e zibaldone. Come organizzatore sto già pensando alla 21a edizione del Festival Internazionale di Poesia che sarà quella dei 20 anni: 1995-2015. Molte sorprese e un libro con DVD per questa celebrazione ventennale.

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