martedì 3 giugno 2014

StorieReali presenta: INTERVISTA A UGHETTA RADICE FOSSATI

              
               “Progetto Itaca: un viaggio nella mente, un luogo dove approdare”

Ughetta Radice Fossati - Segretario Generale di Progetto Itaca Onlus

La psicanalisi e le differenti patologie legate ai disturbi mentali sono state oggetto, nel corso degli anni, di convegni, articoli, saggi, romanzi e perfino di sceneggiature reali o romanzate, da parte di registi italiani e stranieri. Anche in diversi ambiti artistici, dall’arte visiva alla performance, dal teatro alla video arte, i percorsi e le avventure della psiche sono diventati spesso protagonisti di progetti e opere teoriche e visive. Nonostante questo fermento ed elaborazione sull’argomento, in Italia si percepisce ancora oggi una reticenza generale ad approfondire queste tematiche, sia dal punto di vista medico che sociale e le Istituzioni non investono in questo importante settore della salute sufficienti risorse.
Nel nostro paese, come per altre realtà estremamente urgenti, sono poi i privati e i singoli cittadini a scendere in campo e mettere in moto iniziative sul piano pratico ed etico. Un caso emblematico è quello di Progetto Itaca, che nasce a Milano nel 1999, per volontà di alcuni volontari tra i quali Ughetta Radice Fossati, detta Gughi Orlando, attuale Segretario Generale, che insieme ad altri sei fondatori coinvolti in prima persona per le loro esperienze personali e familiari decide di iniziare ad attivarsi in modo concreto. Lo scopo principale è affiancare le famiglie dei malati, che troppo spesso vengono abbandonate e si sentono sole e impreparate di fronte all’insorgere e alla manifestazione del disturbo bipolare e di altre forme patologiche poco conosciute.

Il Progetto Itaca si pone come obiettivi principali la prevenzione, l’informazione e il sostegno attraverso i volontari, al fine di arrivare alla riabilitazione e all’inserimento del malato nella società civile e professionale.
Ispirandosi ai trecento centri attivi in tutto il mondo che seguono il modello “Clubhouse International”, Progetto Itaca inaugura e attiva il primo Club Itaca nel 2005 a Milano. Uno spazio dove i malati dai diciotto ai quarantacinque anni possono, come soci, stare durante il giorno e svolgere attività intellettuali, di svago e apprendimento, coordinate da alcune persone di staff che hanno avuto formazione specifica negli USA, allo scopo di affiancare le cure farmacologiche che spesso da sole non sono sufficienti per permettere alla persona di riprendere una buona qualità e ritmo di vita.
Tuttavia, Club Itaca, non è un centro di raccolta e di parcheggio, che vuole sostituire le famiglie. Il progetto è finalizzato ad offrire e una prospettiva concreta alle persone malate, che dopo un periodo, diverso per ognuna, saranno pronte ad affrontare la vita reale ed eventuali impegni sociali e di lavoro. Non si tratta di una tappa obbligata per tutti ma alcuni “Soci”, (che non vengono mai chiamati pazienti o utenti), grazie all’esperienza nel Club hanno avuto una nuova opportunità e ce l’hanno fatta. Dal 2005 ad oggi i soci di Club Itaca hanno firmato 115 contratti di lavoro! (tirocini, stage, contratti a tempo determinato e indeterminato). Questo risultato rende l’impegno di Progetto Itaca ancora più importante e degno di essere sostenuto da tutti noi.
Con le numerose iniziative promosse nel corso degli anni, la diffusione della rete, il volontariato, l’esperienza di Club Itaca si è trasferita anche a Roma, Firenze e Palermo e attualmente si sta avviando a Genova, Parma e Napoli. Il viaggio nella mente non spaventa più, non si affronta in incognito, come una navigazione solitaria e senza meta. Progetto Itaca insegna e dimostra ogni giorno che avere paura e fingere non hanno più senso ed esistono luoghi dove approdare, ritrovare se stessi ed essere ascoltati.
http://www.progettoitaca.org/


Un gruppo formato da volontari e staff dell'Associazione
 durane uno dei consueti incontri


Esiste una lista di attesa per accedere e poter far parte di Club Itaca come socio? Non essendoci strutture alternative, riuscite ad accogliere tutte le richieste? Come mai avete ristretto la fascia d’età, escludendo i più anziani e gli adolescenti, che possono essere tendenzialmente i più colpiti dalla depressione?
C’è una lista di attesa perché purtroppo il bisogno è grande e lo spazio della nostra sede è limitato; stiamo cercando a Milano una sede più grande, circa 700/800 mq.
Le persone più anziane di 45 anni non sono escluse da Club Itaca, il socio, rimane socio a vita, ma cerchiamo di inserire le persone quando sono abbastanza giovani per pensare all’inserimento lavorativo in aziende esterne che è l’obiettivo finale di Club Itaca.
Gli adolescenti hanno un percorso diverso e non devono abbandonare la frequenza scolastica.

Spesso le droghe e l’alcool diventano abitudini consolidate e pericolosamente distruttive nei malati di patologie mentali, che pensano di trovare sollievo e una via di uscita dall’emarginazione e dallo smarrimento. A Club Itaca affrontate queste dipendenze o vi affiancate ai centri ospedalieri specializzati, per continuare poi il recupero?
Esistono centri specialistici per affrontare e risolvere il problema della dipendenza da sostanze e il problema della doppia diagnosi (disturbo mentale associato a dipendenza da sostanze); le persone che hanno superato il problema possono frequentare Club Itaca.

Negli anni, avete trovato appoggi e finanziamenti, ottenuti grazie alle innumerevoli iniziative e manifestazioni da voi organizzate. Il comune di Milano e il Sindaco in carica contribuiscono, almeno con il patrocinio, alla divulgazione ed eventuali spazi?
Abbiamo una collaborazione molto stretta con il Comune di Milano, Settore Politiche sociali, che sostiene anche economicamente alcuni nostri progetti, e anche con una rete di altre associazioni per la salute mentale, per dare insieme un supporto alle persone malate e alle famiglie.

I medici e gli psichiatri, le strutture ospedaliere pubbliche, affiancano il vostro operato e riuscite a coordinarvi con loro a beneficio della cura e dei progressi dei malati? Le aspettative che infondete nei vostri soci sono condivise sempre anche esternamente?
Cerchiamo di collaborare con i servizi che si occupano della terapia, direi che in generale c’è un buon rapporto, soprattutto con alcuni operatori che capiscono che accanto alla terapia, che cura la malattia, è importante prendersi cura della persona, di tutti quegli aspetti della vita che sono così importanti per il benessere; questo possono fare le Associazioni di volontariato e una società più attenta e accogliente.

La bulimia e l’anoressia sono estremamente diffuse e le tensioni, le frustrazioni, i falsi miti, possono facilmente fomentare le nevrosi, gli attacchi di panico e d’ansia. Il vostro compito è di far ritrovare fiducia in se stessi ed equilibrio interiore, che sono fondamentali per poter affrontare la vita. Sono i giovani i soggetti più a rischio, secondo la vostra esperienza?
Le statistiche dell’OMS dicono che il 75% delle persone che soffrono di disturbi mentali si ammala tra i 15 e i 25 anni; evidentemente questo è il periodo della vita più a rischio.

Negli Stati Uniti, nonostante il sistema sanitario non tuteli e non copra le spese per le cure mediche, al di fuori del servizio privato, i Centri di Ricerca e di sostegno per le malattie mentali, risultano estremamente avanzate rispetto all’Italia. Il modello Clubhouse stesso è stato realizzato da Progetto Itaca su un modello già esistente in USA. Come spiegate questa arretratezza nella ricerca, a livello burocratico e nella mentalità del nostro paese? Ogni anno che passa, grazie anche al vostro contributo ed esempio, ci sono stati dei progressi?
Penso che in Italia ci siano stati anche motivi ideologici che hanno ritardato i progressi nel campo della psichiatria, e hanno addirittura rinforzato il pregiudizio contro i farmaci psicotropi. La psichiatria comunque è stata trascurata in generale anche negli altri paesi.  Penso che sia molto importante impegnarsi per l’obiettivo culturale di combattere i pregiudizi e di rinforzare la speranza che le persone curate bene oggi possono avere una buona qualità di vita; un cambiamento culturale non può essere immediato e oggi si stanno facendo dei passi avanti.

I soci di Club Itaca al lavoro


Quando il malato è un figlio, può essere molto difficile riconoscere, all’inizio, i sintomi di una patologia mentale e saper gestire il malessere o le crisi, che possono sorgere, per individuare poi le giuste cure. Progetto Itaca, è anche un incoraggiamento a chiedere sostegno e a farsi aiutare per imparare a convivere con la malattia e credere nella speranza di poter condurre una vita normale?
Ancora oggi molte persone pensano che da una malattia mentale grave non ci sia speranza di guarigione, che sia causata da difetti o sbagli della persona e del suo ambiente famigliare. Certamente combattere questo pregiudizio è uno degli obiettivi prioritari di Progetto Itaca.

Un punto di forza di Club Itaca è che il malato non è trattato come un soggetto passivo ma come un socio, con voce in capitolo riguardo alle attività da svolgere, i propri interessi e la possibilità di scegliere il programma delle iniziative. Questo metodo prepara al futuro. I genitori e i medici interferiscono in queste decisioni o sono disposti a fare un passo indietro, lasciando questa responsabilità a Progetto Itaca?
A Club Itaca non ci sono medici, né specialisti della psichiatria, tutte le decisioni riguardo alle attività e ai programmi sono condivise dai soci per consenso, affiancati dalle persone di staff, che non sono operatori psichiatrici. I famigliari non interferiscono con le iniziative di Club Itaca, ma sono coinvolti in altri progetti dell’Associazione.

Uno dei nostri presidenti della Repubblica, Francesco Cossiga aveva dichiarato di essere affetto da disturbo bipolare, ammettendo che, nonostante le esternazioni e le dichiarazioni più azzardate, le decisioni migliori sono state prese incanalando l’energia e la creatività dell’euforia in modo costruttivo e progettuale. Riuscite con i vostri soci, quando succede, a fare altrettanto?
I soci vengono valorizzati per tutte le loro risorse; non penso che si possa generalizzare, ma certamente in alcune persone molto dotate anche l’esperienza della malattia può aumentare la sensibilità e la creatività.

In questo periodo di crisi economica e di licenziamenti, aumentano i casi di suicidio e di disagio psichico. E’ anche per affrontare questo malessere collettivo che avete deciso di aprire Club Itaca?     
I nostri progetti sono nati prima e indipendentemente dalla crisi economica; un grandissimo bisogno c’era anche prima e siamo stati sollecitati da appelli di molte persone che si sono rivolte a noi tramite il Numero Verde, Internet, contatti personali e passa parola a portare i nostri progetti in altre città d’Italia, ma dovremmo disporre di molte più risorse per rispondere anche minimamente alla grande mancanza di informazione e di aiuto che c’è in questo campo.   

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