venerdì 31 maggio 2013

StorieReali presenta: INTERVISTA A MAURIZIO VANNI, EXECUTIVE DIRECTOR E PROJECT MANAGER DEL Lu.C.C.A

IL MUSEO: UN'OASI DI BELLEZZA ED IMMAGINAZIONE
O UN FUTURO LUNAPARK SPETTACOLARE?
Facciata del Museo Lu.C.C.A.
Il Museo del Louvre, singolarmente, supera gli incassi e le presenze di tutti i Musei italiani: la notizia è circolata su molti giornali e siti Internet e il video satirico e amaro di Crozza, ha ribadito il concetto a chi ancora si facesse delle illusioni o nutrisse false speranze. Il Mambo di Bologna, la GAM di Torino e il Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato, hanno subito cali pesanti e anche il Castello di Rivoli, il tempio indiscusso dell’Arte Povera, sarà costretto a chiudere i battenti, come è successo a molti altri. Le motivazioni sono state individuate, oltre che nella crisi economica generale, anche nel degrado culturale, sociale e politico del nostro paese, nel predominio dell’arte rinascimentale e nella presenza di un terzo del patrimonio artistico e architettonico concentrati nel nostro territorio, che inducono ad un disinteresse per l’Arte Contemporanea- Purtroppo, gli addetti ai lavori, artisti, curatori e critici hanno contribuito con la loro politica separatista e di esclusivo distacco ad accresce la distanza con ” il mondo reale.”
All’estero la situazione è completamente diversa, le Istituzioni distribuiscono i sovvenzionamenti non solo ai grandi Musei storici delle principali città, ma si occupano ed incrementano i Centri espositivi in ogni parte del paese. In Inghilterra, in Germania e soprattutto nei paesi nordici, non solo c’ è un ricambio generazionale tra curatori ed artisti ma si coinvolge ed si attrae un pubblico eterogeneo e sempre più vasto. Tuttavia qualche eccezione è presente e resiste: il L.U.C.C.A. Center of Contemporary Art. situato nel centro dell’ammaliante e sorprendente città di Lucca, questo centro, dal suo inizio, ha cercato di diversificare, non solo l’attività espositiva, alternando il moderno al contemporaneo, ma ha strutturato ed organizzato i servizi e le caratteristiche del Museo, sul modello di quelli già esistenti all’estero. La sua storia e il suo esempio, sono una chiara e incoraggiante dimostrazione che un Museo, non è più solo un contenitore per la conservazione e l’esposizione, ma un Centro vitale e dinamico, aperto alle esigenze e agli interessi della comunità che lo ospita ed internazionali , con interazioni spazio-temporali illimitate.

I sovvenzionamenti , in questo caso. sono stati garantiti per la maggior parte dai privati e legittimati dal patrocinio di Fondazione; le garanzie di continuità non sono certo scontate ed eterne ma una buona gestione amministrativa, l’alta qualità espositiva, la crescita e lo sviluppo dei servizi per l’utente, hanno scongiurato una drastica chiusura e una penalizzazione delle attività collegate al Museo, come la sezione dei video nella Mediateca, il Laboratorio infantile didattico, il bookshop e il ristorante, vissuto come luogo di aggregazione culturale e sociale, non solo culinario. Certamente non si tratta di un caso fortunato o di un miracolo inspiegabile. Impegno, partecipazione, ricerca, innovazione ed entusiasmo, hanno rinnovato giorno dopo giorno questo’oasi di bellezza e immaginazione, per non farla sprofondare nella palude della rassegnazione e della paura. Questo Centro, non è più solo della città di Lucca ma diventa il Museo di tutti coloro, che vorranno prendersene cura, conoscerlo ed amarlo.

www.luccamuseum.com


Sala espositiva durante la mostra "Un mondo visivo nuovo"


Uno sbaglio strategico tipicamente Italiano, è stato quello di separare l’antico dal moderno, non solo nella didattica e nell’immaginario collettivo ma soprattutto a livello museale. Nei rari casi dove questo progetto è avvenuto, si è rivelato un successo di pubblico e d’incassi. La mostra di Velasco all’Isola Madre, all’interno del Palazzo antico o l’esposizione delle opere di Fontana e di Burri, che “dialogavano” non solo esteticamente nella Pinacoteca di Brera. Il Lucca Center ha perseguito questa politica espositiva, alternando ad esempio le avanguardie storiche del Futurismo e del Surrealismo della Collezione Guggheim, con la Minimal Art e gli intensi ritratti di Steve Mc Curry. Alcuni curatori tuttavia, ancora oggi non vogliono rischiare, perseguendo un programma espositivo ripetitivo, convenzionale e limitato, assicurandosi un’identità precisa e poco rischiosa. Come siete arrivati alla vostra scelta? Contavate sul fatto che a Lucca risiedono e passano molti stranieri o avete rischiato a tutti i costi, cercando di alzare il livello intellettuale espositivo?
Le scelte fatte dal Lu.C.C.A. sono orientate da un progetto di base ben chiaro: rendere il museo un punto di riferimento del territorio per la cultura moderna e contemporanea legata alle arti visive. I prospect di pubblico devono essere coinvolti tutti e vista la presenza di un turismo di alto livello abbiamo voluto intercettarlo con proposte internazionali. La nostra non è un’idea che prende le distanze da altre, semplicemente un progetto che cerca di rendere il museo economicamente autoreferenziale e che si adatti ai linguaggi, al marketing e alla comunicazione 2.0, che si omologhi alle abitudini e alle persone, consapevoli che dedicano alla cultura parte del loro tempo libero. Un museo pensato per la gente e con la gente, un’aziende che deve mantenersi economicamente, ma al tempo stesso pensare al coinvolgimento dei propri “clienti”, facendoli divertire, socializzare ed emozionare mentre vivono il museo e le differenti proposte espositive. La sconforto e la difficoltà, certe volte, conducono all’innovazione e all’investimento in tecnologia. Quando si percorrono strade nuove, la percentuale del rischio è sempre altissima, ma le grandi rivoluzioni concettuali nascono da piccole idee rincorse e praticate con dedizione e continuità. Chi l’ha detto che un museo non possa auto-finanziarsi e, al tempo stesso, proporre progetti culturali di alto livello?
Una delle ultime mostre al Centro, è stata quella di Antonio Ligabue, artista potente, associato alla follia e ad un bisogno “fisico” di esprimersi , ma ancora poco apprezzato e diffuso in Italia. Uno dei compiti di un Museo sul nostro territorio, sarebbe infatti , anche quello di valorizzare e divulgare i grandi protagonisti italiani meno conosciuti, prima di assicurarsi eventi di tendenza che non aggiungono o tolgono nulla al panorama generale. Anche questo progetto è stato difficile da condividere con la comunità straniera e locale di Lucca?
La scelta di Ligabue, in effetti, è legata al caso di un uomo-artista non ancora conosciuto come dovrebbe in Italia e completamente misconosciuto all’estero. In questo caso il progetto prevedeva quello di far riscoprire ai lucchesi e agli italiani un artista presentandolo da ottiche differenti (selezione delle opere, allestimento ed eventi collaterali) per sostenere il fatto che non fosse folle e che fosse improbabile incasellarlo in una delle correnti artistiche del Novecento. Molte opere inedite, tutte le espressioni artistiche coinvolte, molti tableaux esplicativi legati ai pensieri in chiave diretta dell’artista, ma anche cene a tema, visite guidate con peformance teatrali, video-documetari, convegni e laboratori ludico-didattici: questi gli strumenti per permettere a tutti i pubblici di vivere la mostra e di avere un rapporto personale con l’artista e con le sue opere.
Avete in ballo scambi espositivi e collaborazioni con Musei e centri stranieri ed invece da parte di altre Istituzioni artistiche italiane, manca una volontà di confronto e condivisione, soprattutto ora che sarebbe doveroso e necessario un auto e una collaborazione reciproca. Come si può spiegare questa mancanza di solidarietà e disinteresse progettuale? Provincialismo, invidia, incapacità di rinnovamento e di dialettica interna ed esterna?
Per i musei o fondazioni straniere, la collaborazione con strutture analoghe fa parte dei loro principi esistenziali e strategici: prestare opere, co-produrre mostre e scambiare idee di web, viral o buzz marketing è un atteggiamento assolutamente ordinario che produce promozione gratuita, risparmio sui cisti di realizzazione eventi e, in certi casi, guadagno su alcuni prestiti. In Italia, storicamente, c’è sempre stata diffidenza nella collaborazione tra città e, in particolar modo in Toscana, la competizione tra “campanili” è sempre molto attuale. Il nostro progetto è stato visto con diffidenza fin dalla sua nascita: non credo ci siano motivazioni particolari, ma immagino che ogni board difenda le scelte della propria struttura. Avendo impostato il museo su logiche poco italiane credo sia semplice trarre le conclusioni. Mentre deteniamo collaborazioni attive con strutture simili alla nostra in oltre venti paesi del mondo, al momento non abbiamo nessuna reale collaborazione con altre strutture museali italiane. Molto diversa la situazione con la città e con le pubbliche amministrazioni del territorio che, ormai, ci hanno adottato e stanno contribuendo al perfezionamento del nostro progetto. Situazione tutt’altro che scontata.
Quando sostenete che il Museo segue e mette in atto un programma emozionale di marketing, cosa intendete veramente e come si traduce nella realtà progettuale?
Non lo sosteniamo, ma lo abbiamo fatto. Il museo è nato per la volontà di un presidente che ha investito su un progetto artistico-imprendotoriale, ma è stato molto chiaro: avrebbe finanziato la ristrutturazione del proprio palazzo e lo start-up della struttura, ma entro il quinto anno la Fondazione avrebbe dovuto presentare almeno un saldo zero. Ebbene. Il Lu.C.C.A. è in attivo da due anni e contiamo entro la fine del prossimo anno – quinto dalla nascita – di raggiungere il sogno previsto e auspicato. Tutto questo non è frutto di improvvisazione, ma di una gestione oculata, di un atteggiamento che fa rapportare il team di lavoro con una vera e propria azienda dove i visitatori devono ricevere le stesse attenzioni che avrebbero come clienti di qualunque struttura ricettiva. Il marketing sta alla base di qualunque progetto: dopo aver identificato e segmentato in modo generoso tutti i pubblici di riferimento, abbiamo optato su progetti di marketing non convenzionali per consolidare la nostra brand identity and reputation con la consapevolezza che se le persone avessero associato il divertimento, la socializzazione, la considerazione e il benessere emotivo alle differenti esperienze culturali si sarebbero fatte fidelizzare diventando “clienti abituali”. E così è stato.
L’attività didattica dei laboratori per i bambini è coordinata separatamente all’interno del Museo o si relaziona con le scuole della zona e di Lucca? La voragine tra l’interlocutore e l’Arte Contemporanea, parte da lontano, considerando che la Storia dell’Arte, viene interpretata come una materia inutile, noiosa e remota rispetto ai desideri e scollegata dal futuro ambito professionale degli adolescenti italiani.
Fin da subito, abbiamo investito nei progetti ludico-didattici per coinvolgere bambini da tre a undici anni, per incuriosire ragazzi dagli undici ai sedici e per creare pacchetti che coinvolgessero le famiglie e i nonni con i nipotini. Il museo ha una sala permanente al suo interno che ospita almeno una classe al giorno. Per essere certi di proporre in modo professionale questa attività ci siamo affidati a professionisti del settore, ma affidando il coordinamento generale a una persona interna. Non mi pronuncio a proposito delle poche ore dedicate dalla scuola pubblica alla storia dell’arte, ma posso affermare che i nostri laboratori hanno una domanda superiore all’offerta che possiamo permetterci di proporre: questi numeri dovrebbero far riflettere molte persone. Troppo spesso ci dimentichiamo di essere il paese con la percentuale più alta in quanto a cultura visiva.
All’estero gli artisti sono spesso sostenuti ed aiutati dallo Stato e la loro professionalità è riconosciuta, come in Olanda. Anche il Museo dovrebbe in parte, indipendentemente dal fattore economico diventare parte integrante di questo processo formativo e progettuale. Un centro di ricerca, studio, divulgazione e sperimentazione, oltre che espositivo. Se si valorizzano le risorse e le informazioni , anche l’interesse e la partecipazione di riflesso aumentano. La vostra sezione video è permanente e dinamica o si relaziona solo ai singoli episodi espositivi e di happening?
Quella del rapporto Stato-artisti, Pubblica Amministrazione-artisti è una questione irrisolta nel nostro paese. Non ci sono le informazioni necessarie e la mentalità per proteggere e aiutare i giovani artisti che, da maturi, rappresenterebbero il proprio paese nel mondo. Prima di pensare a questo, però, il nostro paese dovrebbe riuscire a capitalizzare meglio l’immenso patrimonio che deteniamo, comunicarlo in modo appropriato ai diversi paesi e indurre, oltre all’arrivo di “turisti consapevoli”, nuovi investimenti stranieri. Il nostro museo non ha tra i propri obiettivi principali quello del lancio di giovani artisti, ma quello di facilitare gli scambi di residenze d’artista con altri paesi e quello della produzione di eventi di video-arte da rendere itineranti a livello internazionale. Ovviamente è solo un piccolo contributo, ma crediamo ciecamente alla cultura come fattore comunicativo della nostra identità, del nostro patrimonio storico-artistico e della nostra creatività.
All’estero, la figura del curatore di Museo è da molto tempo, ritenuta fondamentale e sottoposta ad un continuo aggiornamento e verifica con i risultati ed i bisogni reali. Anche in Italia, nonostante il ricambio generazionale è bloccato e il critico ha ancora potere decisionale, viene riconosciuto fondamentale un ruolo che includa, non solo conoscenza e capacità progettuali nel proprio ambito, ma anche decodificazione ed interpretazioni delle dinamiche sociali, antropologiche e culturali ad ampio raggio. Si tratta spesso nei migliori casi di un lavoro di gruppo che interseca competenze e risorse. Nel vostro caso, chi ha preso le decisioni e ha programmato , sembra abbia seguito questa filosofia?
Il museo è strutturato intorno alla mia figura di Project Manager: ho creato il progetto generale e il progetto museologico, mi sono occupato delle varie proposte di marketing e, in parte, della comunicazione. Il progetto prevedeva fin dall’inizio obiettivi, pubblici di riferimento, strumenti di comunicazione, budget e piano economico. Da direttore generale, invece, condivido le scelte espositive e il programma culturale con il Comitato scientifico e con il team di lavoro che, a prescindere dal ruolo che occupa nel museo, partecipa anche alle riunioni tecniche con la possibilità di esprimersi. Nessun padre-padrone, dunque, ma una figura referenziale e un gruppo di lavoro interattivo e, in parte interscambiabile, che sceglie in funzione delle mission.
Il futuro dei Musei in Italia? Saranno destinati a scomparire e lasciare il posto ai centri commerciali e alle fiere? Si trasformeranno in Luna Park della cultura e della spettacolarizzazione? Quali programmi espositivi e di coinvolgimento della città prevede Il LUCCA Center?
Non conosco nessun Luna Park della cultura, ma luoghi dover poter imparare divertendosi. Far stare bene le persone non significa necessariamente abbassare il livello artistico delle esposizioni. Tutt’altro. Il mese scorso abbiamo inaugurato una piccola mostra di Andy Warhol in un bellissimo Centro Commerciale di Lisbona: quasi 10.000 presenze nel primo week-end inaugurale. Le arti contemporanee sono anche queste: giungere in luoghi non convenzionali per raccontare e raccontarsi, consapevoli che la cultura è un eccellente mezzo per creare progetti di marketing non convenzionali alle imprese private. Un buon mezzo per strutturare partnership pubblico-privato assicurandosi il futuro. Il museo resterà tale in Italia, ma dovrà cambiare rapidamente la governance e la figura di un direttore sempre più manager e sempre meno “artista”: per le mostre sono sufficienti guest curator e comitati d’indirizzo.
Molti giovani e non solo, si relazionano e s’informano, avendo smesso di leggere giornali e libri, con i motori di ricerca, i blog e i social network, ad esempio Facebook e Twitter. Come si concretizza la vostra presenza virtuale? Siete riusciti ha sviluppare e sfruttare al massimo la rete? Avete ridotto le pubblicazioni e i costi di cataloghi e testi stampati?
Il nostro museo dedica molto tempo ed energie alla comunicazione 2.0, alla web reputation, ai social media e all’interazione telematica con i nostri likers. Abbiamo un grande seguito proprio perché ci rapportiamo quotidianamente con i social. Informiamo, ci confrontiamo per conoscere sempre meglio i nostri pubblici, proponiamo, cerchiamo in coinvolgimento virale, stimoliamo il passaparola e, soprattutto, proviamo a stare dietro al cambiamento socio-culturale di mondi in eterno divenire. Il catalogo rimane uno strumento indipendente di marketing: la sua distribuzione nelle librerie offre ancora un’opportunità di comunicazione nei confronti di alcuni segmenti di persone mature che non hanno dimestichezza con il web. Nessuna riduzione, ma ponderazione evitando eccessi, inutili cover costose ed eccedenze di magazzino. Insomma, il nostro primo guadagno deve essere dato dal risparmio, senza precludere la qualità culturale delle nostre proposte.
Una performance musicale durante il progetto di Guerrilla  
marketing per la mostra di Ezio Gribaudo



 
MAURIZIO VANNI
Museologo, Critico, Storico dell’Arte, esperto in Art Management e  Marketing emozionale.
Direttore Generale del Lu.C.C.A. - Lucca Center of Contemporary Art,  Docente di Marketing Emozionale alla Facoltà di Economia di Roma Tor Vergata nel Master “Economia e Gestione della Comunicazione e dei Media”, Docente di “Marketing della cultura e delle arti” al Conservatorio Boccherini di Lucca, membro del Comitato Scientifico di Federculture e Coordinatore del Tavolo della Cultura della Provincia di Grosseto.
Nel settore dell’arte ha da sempre svolto attività di curatore e di project manager  con la creazione di progetti culturali e sviluppo del relativo piano marketing e comunicazione.
Ha al suo attivo oltre 160 pubblicazioni. Ha curato più di 500, tra mostre e progetti culturali, in oltre cinquanta musei di venti paesi del mondo.

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