sabato 28 settembre 2013

StorieReali presenta: INTERVISTA AD ALFREDO RAPETTI MOGOL

Stargate


Nell’ultima mostra allo Spazio Oberdan a Milano (dal 19 luglio al 15 settembre 2013), uno dei lavori di Alfredo Rapetti Mogol, è una tavola consunta e stratificata dai segni e dai colori indefiniti , che sembrano scaturire dalla superficie stessa, scorrendo in profondità.

Avvicinandosi, si leggono poi dei nomi di persone care decedute o perse di vista. E’ forse un tentativo di placare la morte o almeno evitare l’oblio.
Francis Bacon la rappresenta come un carnefice, in una figura senza testa, con la giacca e la cravatta che siede paziente a un tavolo con il mitra in mano. Sacralità e mistero si intersecano ma tutte le opere tendono alla leggerezza e all’indefinito. Jenny Holzer con i suoi messaggi luminosi provocatori e perentori è lontano anni luce, dalle scritture frammentate ed interrotte di Rapetti Mogol, parole che sono segni prima ancora che veicoli di significati. L’artista stesso, rifiuta l’ideologia e rifugge dal ruolo di divulgatore di messaggi e aforismi. La libertà espressiva e la varietà dei materiali, sembrano parte di un gioco, che vuole spiazzare e meravigliare l’interlocutore. Quando la trasparenza degli acetati tinteggiati d’azzurro e la calligrafia muta, ocra e lieve come la sabbia, rassicurano e cullano, ci scontriamo con delle oscure ed austere lavagne e tavole di legno consumato e scalfite da linee, che sembrano ferite inflitte da coltelli.
Appaiono porte inaccessibili e chiuse, ma altri mondi si profilano sulle loro superfici. Ancora una volta non siamo soverchiati e pilotati ma scatta il desiderio di accarezzare e decifrare attraverso la nostra immaginazione quei codici miniati insoliti. E’ rischioso ed impegnativo il tragitto intrapreso da Alfredo Rapetti Mogol, perennemente sospeso tra rigore e bellezza, vuoto e materia vibrante, annunciazione e silenzio. La decorazione estetica e la freddezza dell’austerità, possono essere delle scorciatoie invitanti ma l’artista le evita, camminando sul filo della sperimentazione continua e grazie alla collaborazione e allo scambio con altri ambiti, come quello della musica.

panoramica allestimento della mostra allo Spazio Oberdan 

Sorge il sospetto che la maggior parte delle mostre, siano dei test psicologici, cosa probabilmente vera anche per lo squalo di Hirst e i bambini fantocci impiccati di Cattelan. 
Sospetto che non sia più’ possibile smuovere o offendere gli spettatori con mezzi puramente estetici, come facevano gli impressionisti e i cubisti. Un artista che non vuole usare una mucca tagliata ma smuovere comunque il nostro inconscio e le nostre illusioni, riesce ad essere ascoltato e seguito?
Stordire e prevaricare è un monologo sterile ed insensato. L’ascolto dinamico e il dialogo profondo, sono possibili attraverso il desiderio reciproco e la pazienza di comprendere quello che si percepisce e si decifra sottovoce, parole sussurrate, segreti condivisi , come quando si racconta una storia a un bambino.

John Baldessari, non ha mai voluto definirsi concettuale, anche se molte sue opere storiche sono delle dichiarazioni ironiche .sul sistema dell’arte. La tua installazione con le otto sagome di cemento e le vasche di ferro lambite d’acqua, potrebbe rientrare nella scia storica Duchampiana e dell’interpretazione e rivisitazione del readymade. Lo spettatore si trova catapultato in una chiesa immaginaria con delle vasche per purificarsi. Come si evitano classificazioni e fraintendimenti?
La chiarezza e l’intensità, sono strettamente connesse alla coerenza formale ed intellettuale. In questo caso, non si tratta di coperte estrapolate dal loro contesto originale e nobilitate dal museo. Servono da base e accolgono delle tele dipinte con la calligrafia di chi è stato al fronte. L’indecifrabilità le svincola dal riferimento di una battaglia in particolare, restituendoci le lettere dal fronte, di tutte le guerre. Il loro significato diventa universale. Corale. 

Nel percorso della mostra ci sono anche dei libri oggetto. Non sei un pittore in senso tradizionale ma neppure uno scultore, anche se la tridimensionalità è fondamentale per alterare ed interagire sulla superficie. La mostra allo Spazio Oberdan, ridefinisce e struttura lo spazio. E’ questo il tuo modo di procedere, indipendentemente dalla realizzazione di ogni singola opera?
Interagire e plasmare lo spazio, è una costante irrinunciabile del mio lavoro. Il museo Oberdan, con i soffitti bassi, le stanze di misure diverse,in piani differenti, poteva risultare impegnativo e accidentato per l’allestimento da me concepito. La soluzione è stata il lavoro sul campo contemporaneamente alla sottrazione, non cedere alla tentazione numerica e dell’allestimento tradizionale, per fare del luogo, una caratteristica intrinseca delle opere stesse.


lettere dal fronte
In un paese come l’Italia, nel quale gli ambiti di ricerca, tranne rare eccezioni per addetti ai lavori, sono ancora rigidamente separati ed autonomi, collaborare strettamente con i musicisti, in un impegno reciproco di totale fusione tra i due linguaggi, quello visivo e quello sonoro, cosa aggiunge al significato dell’opera? 
Una condizione inappellabile per la realizzazione di questa mostra, è stata l’opportunità di poter coinvolgere fin dalla fase della creazione, quattro miei allievi, musicisti di grande talento ed elasticità mentale. Il loro intervento non si sarebbe dovuto limitare ad un accattivante ed eclatante musica di accompagnamento, Le loro composizioni , risultano parte integrante dell’opera dal punto di vista formale e dei contenuti espressi. Una delle quattro suite musicali, è un testo in sanscrito recitato da Paolo Jago, una preghiera strettamente connessa ai segni impressi e captati sulla tela.

Le tue superfici che accolgono intere pagine incise ed affioranti, possono essere un riferimento alle cancellature di Emilio Isgrò o delle citazioni ai tagli di Fontana che invade lo spazio della tela. Trovare un’autonomia ed elaborazione della storia dell’arte è doveroso ma anche imprescindibile. Consapevolezza dei precedenti e capacità di andare oltre come si conciliano?
I due artisti citati, sono stati fondamentali per la mia formazione.. La storia dell’arte, è la pedana elastica per spiccare il salto nella sperimentazione, senza rinnegare il passato ma elaborando gli strumenti espressivi della propria identità. Il limite in Italia, è ancora separare l’arte antica dal contemporaneo, suscitando e cristallizzando pregiudizi e condizionamenti.

Il sacro e il profano sono temi dominanti nella tua opera. Essere atei o credenti, può influire sul significato e i temi dell’artista contemporaneo?
La mia formazione è di matrice cattolica. Non si tratta però di prendere una posizione nei confronti di una religione in particolare. L’obbiettivo è di recuperare e salvaguardare la spiritualità, non certo lo scopo dell’indottrinamento. L’aspetto formale protegge il processo creativo da ogni strascico eccessivo o dall’inevitabile banalizzazione. Recintare l’opera per etichettarla ed addomesticarla, provoca pregiudizi consolidati e un a drammatica incomunicabilità.

“Lettere dal fronte” è un’installazione caratterizzata dalle coperte militari. L’Arte Povera, ha fortemente influito sul percorso artistico italiano. In questo caso, l’essenzialità della forma e il rigore dei materiali, sono stati determinanti per rafforzare il significato dell’opera?
L’accompagnamento sonoro volutamente non tragico, toglie retorica e drammaticità all’effetto finale. Il rischio reale, è stato quello di voler riproporre nuovamente questa installazione che è nata per essere collocata in un vero Bunker del ventennio fascista, a Roma, all’Eur, anche allo Spazio Oberdan. La messa in scena dell’opera, attraverso i contenuti espressi e i materiali adottati altera e caratterizza lo spazio di volta in volta. In questo caso, anche l’aspetto uditivo e il coinvolgimento sonoro sono risultati determinanti.

Il tuo rapporto con la natura si traduce attraverso la fisicità dei materiali. Le tavole di legno sembrano totem, anche se poi sono porte. La distanza che Alfredo Rapetti Mogol instaura con l’osservatore per lasciarlo libero nella traduzione, è smentita dalla seduzione fatale delle sue superfici, che sono soglie da attraversare per andare oltre. Improvvisazione e calcolo come si equilibrano?
Non ci sono contraddizioni o regole imposte ma libertà espressiva conquistata giorno dopo giorno, con un impegno totale e un lavoro costante. Non si deve cedere all’autocompiacimento, mantenendo l’autocritica, per preservare il valore dell’autenticità.

Riconoscibilità dello stile che condanna alla ripetizione? La ricerca è una strada a senso unico: il cambiamento. Progetti futuri?
Le sfide non devono cessare mai e fanno parte delle incognite e delle opportunità del fare arte.
La scrittura intesa come traduzione iconografica della mente,sarà sempre un mio logo di riconoscimento. In Gennaio, è in programma una prossima esposizione a New York, allo Spazio Industria, zona Chelsea. Le porte sono da spalancare, le soglie oltrepassate per andare oltre ai nostri rifugi fisici e psicologici.


installazione senza titolo con vasche d'acciaio e tele sagomate

Nessun commento:

Posta un commento