venerdì 5 dicembre 2014

StorieReali presenta: INTERVISTA A LUISA ELIA


                                   “Le forme sconosciute di Luisa Elia” 

La scultrice Luisa Elia nel suo studio a Milano
Ph Annalisa Guidetti, Giovanni Ricci ©

“Il Sublime non è da cercarsi nelle cose della natura, ma solo nelle nostre idee”
(Critica del Giudizio, paragrafo 23) Kant 


La maggior parte dei critici e di coloro che hanno scritto sul lavoro della scultrice Luisa Elia si esprimono con descrizioni e riferimenti agli archetipi mitologici, ai modelli formali di culture arcaiche ed alle forme naturali, organiche: fossili, minerali, conchiglie, modellati dal tempo e dai fenomeni atmosferici. In realtà, non si tratta di un’operazione di recupero o riciclo, poiché, è l’artista stessa che inventa e crea le sue nuove ed inedite forme assemblando, modellando, scavando diversi materiali, che si sono alternati nella sua particolare ricerca espressiva e formale. 

I riferimenti e le citazioni più immediati sono alla potenza cromatica di Anish Kapoor, alla libertà espressiva di Lucio Fontana, all’invenzione ludica di Pino Pascali, alla sinuosa armonia di Jean Arp,  perfino al lirismo poetico di Marisa Merz e alla narrazione ambientale ed ironica di alcuni lavori di Rebecca Horn. Ma e’ al modo di tormentare ed addomesticare la materia, rendendola duttile ed espressiva, di Medardo Rosso, che il lavoro di Luisa Elia inevitabilmente ritorna, con quel senso di indeterminato ed incompiuto michelangiolesco, di work in progress, che caratterizza il modo di fare arte per chi sceglie, nel presente, di essere scultore. 


E’ al costante mistero, alla continua rivelazione e all’euforica sorpresa che fin dall’inizio, Luisa Elia, ha abituato e tenuto sospeso l’interlocutore. A partire dalle sue micro strutture geometriche costruite nel vuoto o quelle più informali in argilla refrattaria, susseguite da forme più naturali ed astratte in materiali come la iuta, il sale, la gomma, la terra, la sabbia e la carta.

Sempre connotate, le sculture di Luisa Elia, sia che si tratti di strutture a parete, su tela o a terra, da un processo naturale ma fortemente voluto di coinvolgimento dello spazio, parte integrante dell’opera, forme che dialogano e creano un' inedita dimensione ambientale, che non occupano, ma formano nuovi ambienti, inediti micro e macro mondi, intimi ed universali. Perché è sul gioco dei contrasti e sulla riconciliazione degli opposti che inevitabilmente l’artista rischia e sperimenta. Vuoto e densità, rigore e dissoluzione, integrità e dissociazione, istinto e progetto, eclettismo e continuità, espansione e rarefazione, sospensione ed esaltazione, ritmo e pausa. 

Luisa Elia, ha scartato da sempre “il Bello” - che implica una contemplazione statica, un accordo garantito tra le facoltà dell’immaginazione e quelle dell’intelletto - per orientarsi al Sublime connesso ad un movimento dell’animo, indicando un conflitto tra l’immaginazione e la ragione. 
Sublime, dunque, è questa tensione dinamica all’impossibile, che comporta sempre nuove sfide per Luisa Elia e rinnova e perpetua il mistero delle sue creazioni.


www.luisaelia.com

Luisa Elia "Orme", Gomme assemblate, 33x260x102cm
2014 Personale Galleria Raffaella De Chirico, Torino
Ph Annalisa Guidetti, Giovanni Ricci ©

Quando dai i titoli, dando interpretazioni alle tue opere, in realtà intraprendi un’operazione fuorviante di sabotaggio e slittamento semantico, poiché l’identità che nomini non si riferisce a presenze o sembianze già esistenti in natura, ma completamente inventate. Immagini, cioè, altre forme, perché è alla materia che affidi il compimento del tuo processo creativo. Non si tratta quindi di astrazione e neppure di icone surreali, ma di un risultato che continua a materializzarsi, prendere forma ed essenza, di volta in volta?
L'invenzione è la capacità di trovare soluzioni inedite ed è anche l'aspetto che amo di più dell'arte. Sperimentando, l'opera ritrova la sua unicità e la sua misteriosa essenza. Nel tempo, sono diventata più prolifica, perché la memoria è un granaio di fantastiche icone in continua trasmutazione... alcune si accumulano e permangono solo nell'immaginario, altre si trasformano diventando materia e assecondando il mio bisogno incessante di ricreare un mondo “familiare”.

Nel tuo lavoro è sempre prevista la componente del modulo, che non è ripetizione, ma possibilità di espansione, di prolungamento nello spazio della forma. Questo fenomeno, che si completa nell’installazione, ribadisce il processo dell’opera aperta, nel quale anche l’interlocutore diventa artefice non passivo, dell’opera iniziale?
Le opere modulari di grandi dimensioni sono pensate come unione di tante diversità, che si incontrano grazie ad un dettaglio, un particolare. Anche se nascono da un disegno unitario, sono aperte e in divenire. Chi entra in relazione con l'arte, già con la sua personale visione, ne è l'artefice.

Nel tuo lavoro “Orme”, con Gomme assemblate, si ottiene la visione di un percorso lastricato ed infinito, che si esprime in una dimensione ambientale. Il tuo modo di lavorare, prevede un coinvolgimento ed espansione sempre più ampi e totalizzanti, anche fuori dal Museo e dalla galleria. Hai ipotizzato interventi all’aperto, nella natura o in un contesto urbano?
Ogni lavoro è un progetto “in fieri” e molte delle mie sculture potrebbero assumere nuove forme e dimensioni ed essere collocate all'esterno. “Orme” è un'opera infinita, che modifico dal 2010 ed è quella che credo si avvicini di più alla mia idea dell'arte. Gli interventi all'aperto, nella natura o in un contesto urbano, dovrebbero essere promossi ulteriormente e con una sensibilità maggiore, anche da parte delle istituzioni.

Nella tua scultura: “Rosso Drago”, il colore ha un ruolo strutturante, al di là della componente cromatica. Colore, quindi, sempre complice ed alleato con la forma, anche se, nella maggior parte delle tue opere, predomina il monocromo ed è il tono stesso della materia, ad essere esaltato. Come ti confronti con le possibilità sconfinate formali e psicologiche del colore?
Nelle sculture recenti ho sentito la necessità di non aggiungere forma alla forma, con il colore e di lavorare più sul vuoto e le ombre; anche se il sale, la sabbia o la terra con cui le ricopro hanno già ai miei occhi mille cromatismi e sfumature. Le mie opere anni Novanta, costruite su piccoli telai erano più “pittoriche”.

Nonostante un decisivo cambiamento nelle grandi mostre e nel sistema dell’Arte, sono sempre in minoranza le donne artiste. Mancanza di solidarietà, provincialismo, discriminazione, maschilismo o altri fattori?
Mi sono formata con i versi dei poeti, per lo più uomini, ma non mi sono mai sentita l'oggetto del desiderio, cioè la persona a cui dedicare liriche e neanche una musa ispiratrice. E' l'identità e non l'appartenenza ad un genere, che permette lo sviluppo del processo creativo. Ci sono tante artiste contemporanee veramente interessanti e già apprezzate, a livello internazionale


Luisa Elia "Discus", Tecnica mista ø 130cm - 2011 Biennale di Venezia,
Palazzo Abadessa - Ph Annalisa Guidetti, Giovanni Ricci  ©

Le Gomme sono scelte ideali e soluzioni congeniali per il tuo lavoro, perché assorbono e riflettono, mantenendo la superficie morbida e flessuosa, ad ogni modifica e ad ogni tuo intervento. Come scegli o scarti un materiale, di volta in volta?
Le idee nascono con la loro materia e non sono mai sole. Emergono tutte insieme o gradatamente sino a completare un ciclo, un segmento irripetibile ma aperto ad altre soluzioni. La gomma mi affascina e la uso in modo alchemico. Realizzo un positivo di un materiale utilizzato di regola nella realizzazione del negativo o in paleontologia, per catturare impronte di fossili e reperti. Ci sono materie che hanno una storia millenaria e mi rimandano al tempo che scorre e all'eternità, come la sabbia o il sale. Altre mi ricordano il lavoro di grandi artisti, come la iuta, a cui non è facile rapportarsi dopo Burri. Ad esempio, la iuta ha una tragicità che sento di dover equilibrare in una struttura elementare ed essenziale. 

Nelle tue opere si visualizzano forme essenziali, sconosciute, che rimandano al rigore dell’Arte Povera ma al contempo possono sembrare anche sensuali, quasi sculture ricamate, Pop. Come riesci ad ottenere questa complessa narrazione visiva e psicologica, non omologabile?
Ciò che osservo e studio mi aiuta a capire. Sono felice quando mi accorgo di avere imparato grazie alla conoscenza della storia dell'arte, dell'arte Povera e degli artisti più affini alla mia sensibilità e alla mia ricerca. Nella realizzazione dell'opera, cerco di assentarmi e distaccarmi da tutto, anche da ciò che ho imparato. 

Cosa consigli ad un giovane, che oggi, nonostante tutto voglia fare arte, specialmente scultura? Conoscere i materiali? Andare all’estero? La ricerca prima di tutto? 
Pierre Restany mi consigliava di non perdere mai di vista il piacere della creazione e di quella che considerava la mia “autentica avventura visiva”. Consiglio la ricerca e l'autenticità. Esprimersi attraverso la scultura è un'esperienza di vita poetica e assoluta; l'altra parte della medaglia consiste nell'incontrare mille difficoltà. Scarseggiano anche i luoghi espositivi che dovrebbero accogliere un tipo di lavoro più scultoreo. L'Italia è una terra favorevole per l'immaginario ma offre poco e non riconosce il valore dell'arte come dovrebbe.


Luisa Elia Vuoto Celeste, Ceramica ø 10 cm-2014  Personale "Seasons"
Galleria Raffaella De Chirico Torino Ph Annalisa Guidetti, Giovanni Ricci ©


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