domenica 17 febbraio 2013

IL GRANDE CINEMA: RE DELLA TERRA SELVAGGIA

Ovvero, un bel trailer non fa primavera.

Non so se l’avete visto, il trailer. Se sì, immagino che, o vi siete precipitati a vedere il film, o state contando le ore che vi separano dal momento in cui potrete scaraventarvi a vedere il film.
Sì, perché il trailer è veramente bello. Un crescendo di emozioni, musica travolgente, paesaggi forti, e questa bambina spettacolare che si esprime solo con frasi filosofiche di alto spessore.
Boh.
Io rientro nel primo caso, nel senso che la settimana scorsa ho visto il trailer e l’altra sera mi sono letteralmente catapultata a vedere il film. Temperatura -4°C e io, per essere certa di non fare tardi, ci sono andata in bicicletta. E qui mi fermo.
Allora, per essere corretta, parto con le cose che mi sono piaciute:
-       la bambina. a parte essere di una bellezza straordinaria (vedi foto), recita anche bene. È naturale e credibile, al punto che, per curiosità, sono andata a cercare in rete una sua intervista, e ho quasi tirato un sospiro di sollievo a vederla con le treccine, seduta su un divano con la mamma accanto e le foto di famiglia sullo sfondo. A vederla nel film, sembra nata e cresciuta lì..


-       l’ambientazione: il paesaggio e il clima, di un’ostilità innaturale, sono resi bene.
-       la musica.
Peccato solo che.
Eh sì, adesso però mi tocca dire cosa NON me lo ha fatto piacere, il film. O meglio, cosa ha fatto sì che, al riaccendersi delle luci sui titoli di coda, io e l’amica con cui ero ci scambiassimo uno sguardo assai perplesso.
Sì, perché le potenzialità c’erano tutte. Come detto, la bambina è eccezionale, e il resto del cast più che degno. Solo che è un po’ come se il regista si fosse trovato per le mani del buon materiale e poi non avesse saputo bene cosa farne.
Nella parte iniziale, infatti, hai l’impressione che il tema centrale del film sia l’equilibrio dell’universo, e come “se qualcosa si rompe, tutto si rompe” (frase che la bambina ripete spesso), e, infine, come l’uomo, forzando e violando questo equilibrio, provochi la vendetta della natura e condanni se stesso alla rovina.
Poiché, nel caso specifico, la forzatura è una diga, che divide, e, dividendo, di fatto condanna una parte della popolazione a una vita appesa a un filo, da qui si può poi lungamente speculare sulla metafora della divisione come frattura, e quindi come violenza fatta all’universo umano, e via andare. Un buon tema, non c’è che dire.
Solo che poi, non so come, mi pare che la storia si perda via. Il buon tema si offusca, nascosto da sottotemi meno accattivanti e oggettivamente un po’ triti: il padre anaffettivo, che però in realtà è tale solo perché pensa di rendere la figlia più forte; la mamma, che (comprensibilmente) se ne è andata e (Incomprensibilmente) ha mollato la bambina, piccolissima, in quel posto orribile, e la bambina che la cerca e spera di trovarla nella prima sconosciuta che incontra; i personaggi di contorno, sorta di Corte dei Miracoli, un po’ alla Victor Hugo versione Louisiana, che vivono una vita d’inferno, ma rifiutano di andarsene; le paure della bambina, rappresentate da animalacci preistorici enormi e cattivissimi, che però si ammansiscono non appena lei si ferma e le guarda.
E, per finire, la musica: il tema forte e coinvolgente, che si sente per tutto il trailer, nel film si sente pochissimo, e quasi tutto nei titoli di coda.
Morale, il mio consiglio è questo: se lo trovate in una multisala, di quelle con lo schermo di trenta metri e un audio pazzesco, andateci, perché forse migliora. Come – penso – migliorerebbe parecchio anche visto in lingua originale. Ma questo non ve lo consiglio perché, insomma, anche al mio snobismo c’è un limite.

Alla prossima!

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