venerdì 8 novembre 2013

StorieReali presenta: INTERVISTA A DADO SCHAPIRA

Objects of my Affection


Un tributo remoto di Dado Schapira alla “Venere restaurata” di Man Ray, acefala e in gesso, avvolta in un intrico di spago, un omaggio alla femminilità, un inno alla sua ambiguità e un ulteriore distacco dall’arte classica, lo stesso fervore professato dai Futuristi, quando dichiaravano la loro preferenza a un’automobile ruggente, rispetto alla Vittoria di Samotracia. Dado Schapira, avvolge e ricopre la maggior parte delle sue opere, con fili o lacci colorati, ma queste linee sembrano spuntare come radici dalle superfici, nascere dal loro interno.
Alighiero Boetti aveva fatto intrecciare i suoi tappeti dalle tessitrici afgane, sottolineando l’importanza della gestualità arcaica e della ritualità domestica, che creano dei mondi tattili, prima che visionari. Perfino i libri, le carte geografiche e le macchine da scrivere, di Schapira, sembrano ancorati da fili, che trattengono e delimitano le strutture ma non si tratta di nastri per confezionare e neppure di corde per imprigionare, piuttosto sembrano linee, frecce, indicazioni per guidarci e non farci perdere la rotta. Reduci dall’esaltazione Pop dell’oggetto e dalla smaterializzazione avviata da Marcel Duchamp, siamo destinati a naufragare in questo universo digitale. L’artista non può temere gli spazi aperti dell’ignoto ma come Dado Schapira, attraverso la sua opere, ci tende delle funi per ancorarci e disegna delle mappe per raccontarci delle storie. Il libro aperto,sembra invitarci ad entrare come in una leggenda al suo interno, dove le parole sono tratteggiate dal filo. Nascono cosi, nastri avvolgenti e fluttuanti, che ci forniscono degli appigli e delle code per orizzontarci verso nuove esplorazioni. Christo e Jeanne Claude, hanno continuato imperterriti ad impacchettare isole, monumenti, ponti , avvolti e conservati in involucri immensi di plastica rosa. Questi interventi ambientali, si trasformano in reliquie e conserve strappate alla Natura e alla Storia. Dado Schapira compie il processo inverso. Non c’è nessuna intenzione di celare o di sottrarre ma al contrario, il suo atto creativo vuole esaltare, attraverso icone e citazioni, un mondo che sembra destinato all’oblio e alla disgregazione. Si ritorna a riflettere sulla libertà, sulla leggerezza, sull’esistenza, non più concetti obsoleti e scontati. Certamente le opere di Schapira, sono anche dei diari, delle note intime ed autobiografiche come è stato scritto, ma nell’ambito dell’opera, assumono una narrazione corale e condivisa. Nell’installazione “open air”, gli scoiattoli dipinti, devono perciò, per l’artista, rimanere clandestini, per continuare a correre nella neve o nei boschi, ricordandoci l’avventura e il nomadismo che molti di noi, rimpiangono e sognano ancora.

rainbow


Più che ai teatri affollati e surreali di Joseph Cornell, alcune tue tele con grandi parole isolate, rimandano alla “Lotta Poetica” di Sarenco, senza la parte ideologica e sovversiva degli anni 70’. Anche nel tuo lavoro c’è comunque la volontà di riproporre dei temi, che ancora oggi, hanno per la nostra generazione un significato non solo letterale ed astratto: “Libertà”, “Volare alto”, “Senza paura”, “Silenzio”, sono tutte parole che hanno un peso e non sono scelte a caso. Credi ancora che l’artista abbia delle responsabilità per quanto riguarda i messaggi che esprime?
Chi appartiene anagraficamente ad un certo periodo storico, non può esprimersi in modo asettico ed anonimo, al di là della tecnica e degli strumenti espressivi scelti. L’impegno ad una comunicazione insita nell’opera, è inevitabile e i temi trattati sono comuni ad un’intera generazione e non solo limitati alla mia esperienza personale. L’atto artistico è infine, un gesto di condivisione

Il “libro oggetto”, è stato un indiscusso protagonista delle avanguardie storiche. Emilio Isgrò, lo rende strumento essenziale della cancellazione. La scultrice di Riga, Kristine Alksne, sgretola i suoi volumi di granito che pone su dei piedistalli. Come sei riuscito a personalizzare e renderlo parte della tua opere, senza sentire il peso della storia che lo ha caratterizzato
Ho sempre subito il fascino estetico dell’immagine del libro ,la potenza fisica di questo oggetto e l’essenza inebriante della carta. Mi è sembrato naturale, sostituirlo alla tela, non solo come superficie ma come parte integrante dell’opera, con tutta la sua carica simbolica. Sono consapevole della sua forte identità, anche se nella maggior parte dei casi, i libri aperti, scelti per le mie opere, non sono leggibili, tranne qualche parola emersa casualmente. Nel processo creativo, il libro può essere rivitalizzato, invitato ad avere un ruolo fondamentale, una storia sottintesa, che si unisce ad una nuova trama, per esaltarsi reciprocamente nel loro incontro. All’interno dell’opera , il libro non è materiale statico ma si evolve, come nel caso del mio quadro sulla bandiera della Germania, dove una parola tedesca, emersa dalla pagina, ci riconduce ed enfatizza il fatto storico della caduta del muro di Berlino.    

Una componente fondamentale della cultura ebraica è il senso di appartenenza. Hai alle spalle lunghi anni di lavoro e di ricerca, anche se il tuo percorso espositivo è recente. Come e in che modo influisce essere parte di questa comunità? 
Per quanto mi riguarda, essendo ebreo non praticante, mi sento lontano da una comunità specifica, mentre sono fortemente legato al significato profondo e al senso di appartenenza della cultura e del mondo ebraico in generale. L’importanza delle scritture e il valore dei testi nel mio lavoro, riconducono inevitabilmente a un significato simbolico e mistico, insito nella storia stessa, come i calcoli matematici, che compio molto spesso, per elaborare le opere. Sentirsi cittadini del mondo, erranti psicologicamente, sono i riferimenti inscindibili della nostra cultura e di ciò che mi lega al mondo dell’arte

L’utilizzo dei fili, è anche un strumento per deviare la prospettiva, conferire tridimensionalità e uscire ed entrare nella tela. Questo modo di lavorare, sembrerebbe portare alla naturale espansione ed evoluzione, prospettando l’installazione. Uno dei tuoi lavori, potrebbe invadere lo spazio della galleria e alterarne i confini diventato un intervento spaziale. Cosa ne pensi?
Ho già immaginato il coinvolgimento ambientale ed architettonico per la mia opera e per fare questo, ho iniziato a disegnare, a riempire bozzetti e schizzi, ipotizzando un’espansione in uno spazio reale. Tutti i miei lavori, sono progettati e pensati in anticipo. Il numero dei fili, la distanza calcolata e il posizionamento all’interno della superficie , sono da interpretare come amplificatori dei significati, dal punto di vista visivo e mentale.

Quando fissi i fili al muro intorno alla tela, non si tratta perciò di un intervento casuale. Progetti prima in studio? Esistono quindi dei disegni preparatori che facilitano la messa in scena e la resa dell’opera?
silence
I disegni sono l’iniziale traduzione dell’idea, per l’opera futura. Indipendentemente poi, dalle dimensioni ipotizzate, si tratta di una sfida naturale, quella dell’artista, che vuole interpretare lo spazio e rendere l’interlocutore, non più solo visitatore, ma protagonista. I confini delimitati, sono destinati ad espandersi, come le frontiere aperte, che solcano le cartine geografiche.

Lo scorso anno hai organizzato un’intera mostra dedicata a Picasso. Ti sei ispirato alle sue ceramiche per sviluppare delle nuove opere, sia dal punto di vista cromatico che concettuale. Non eri in soggezione nei confronti di chi è considerato un maestro per ogni artista? Oppure pensi che sia un dovere e una necessita confrontarsi con la Storia dell’Arte?
Decidere di associarmi ed ispirarmi a Picasso, è stato un pretesto per interpretare, approfondire e analizzare l’opera di questo grande artista. La Storia dell’Arte, è l’intreccio e il percorso senza interruzioni, che caratterizza il lavoro degli artisti, attraverso le epoche e le culture. Senza riferimenti e relazioni, l’espressione artistica s’ incepperebbe, risultando isolata e sterile. La continuità della storia, fornisce dei riferimenti e attraverso il passato, ci permette di confrontarci con il presente e ci proietta nel futuro. La presunzione è di chi non riconosce e rifiuta questo legame. Chi vive in Italia, è immerso in un Museo a cielo aperto, restare indifferenti a questo, è come voler rinnegare una parte di noi e rinunciare alla bellezza che ci circonda.

I volumi che scegli come supporto e parte integrante delle tue opere, sono scelti per l’aspetto formale e per tradurre visivamente il significato delle storie che vuoi raccontare?
Si certo, quest'ultimi, hanno così, la possibilità di darmi diverse opzioni. Accolgono, da un lato, come lavagne, dei calcoli precisi numerici, segnando il tracciato ai fili colorati e materializzando il percorso indicato dai chiodi e al contempo, contengono ed ospitano delle parole simboliche. Un esempio nel lavoro “Firn”, i fili indicano le scie parallele di due sci, mentre la parola scritta, mi permette di dare al lavoro un significato più preciso , nello specifico caso, dedicato ad una persona speciale, o ancora indicare semplicemente la neve, in un particolare stato di grazia, compatta ed assieme friabile, ideale per gli sciatori che sanno quando trovarla e dove cercarla e nominandola nuovamente. La possiamo immaginare quella neve, con il suo candore e il suo crepitio, sotto i nostri sci e sotto quelli di chi l’amava particolarmente

Hai già esposto all’estero. Sei d’accordo con la maggioranza, nel dichiarare l’inferiorità professionale e culturale delle gallerie in Italia rispetto ad altri paesi, considerando anche il degrado generale che attraversa il nostro paese?
Il sistema dell’Arte , tranne alcune eccezioni , è alla sbando e in profonda crisi e purtroppo non può più, essere la sola pedana di lancio e di supporto per gli artisti. Questo succede soprattutto in Italia, dove la crisi del “sistema” in generale, ha pesantemente influito anche sul mondo delle gallerie, permettendo e facilitando per anni, una gestione non controllata e provinciale e il sopravvivere di una visione, basata più sul valore economico dell’opera, che sul suo autentico contenuto artistico. Preferendo modelli superficiali ed effimeri, la forza trascinante e la reale vocazione ad una cultura, che il mondo ci invidia, sono state pericolosamente, smarrite e dimenticate.

emotions





Nessun commento:

Posta un commento