giovedì 19 dicembre 2013

StorieReali presenta: INTERVISTA A ELEONORA CHIESA

Neverending story


Eleonora Chiesa in una foto di Serena Carminati

Nell’ultima rassegna di Documenta, ci si imbatteva in zerbini di Fabio Mauri, che nessuno calpestava e tutti leggevano, in particolare la scritta: “l’arte fa perché è storia e mondo”, questo presupposto, sembra essere fondamentale per il video: “Quartiere Propaganda” di Eleonora Chiesa. Dal lontano 1965, anno del primo video in presa diretta: “Cafè Gogo, 152 Beefeter Street”, di Nam June Paik, l’intento era d’indagare e visualizzare la trasformazione del rapporto tra l’uomo e il mondo, da parte dell’artista coreano, devastando e riplasmando il mezzo televisivo. Wolf Wostell, partendo dal gruppo Fluxus, enfatizza invece, la performance-documento, per sottolineare l’ambiguità e la perversione di questi cambiamenti incontrollabili ed istantanei. Eleonora Chiesa, pur nella consapevolezza dei precedenti storici , si concentra sulla relazione e il coinvolgimento tra l’interlocutore e gli abitanti del quartiere Cornigliano, parte della città di Genova.
La provocazione ironica sul linguaggio dell’arte dei corti di Baldessari o le architetture mistiche di Bill Viola, sono testimonianze remote, rispetto alla narrazione poetica e all’esperienza diretta di “Quartiere Propaganda”. Per attuare un progetto collettivo, la semplice condivisione dialettica e la ripresa sul campo, non sarebbero stati sufficienti. L’idea della visualizzazione della passione per la lettura e la narrazione ascoltata , hanno trasformato tutti gli abitanti convocati in persone reali, spogliandoli di un’identità stereotipata e distante. I luoghi filmati cessano di essere freddi sfondi ma assumono le sembianze di ricordi condivisi e delle trasformazioni in atto future. La banda delle Majorettes vagamente Felliniana, esprime il lato surreale e celebra il valore antropologico e umano di questo quartiere, che si traduce in una visione collettiva ed universale, nell’esaltazione della sua unicità. Nell’era delle austere statistiche e delle previsioni matematiche sull’andamento sociale e demografico delle nostre metropoli, Cornigliano diventa una comunità simbolo e l’immaginazione per una volta si alimenta di reale. Dopo “Documenta 6 “di Kassel, intitolata “Medium Konsept”, una profonda analisi delle potenzialità e dei risultati raggiunti dello strumento video e la sua consacrazione a Parigi, con la nascita del Dipartimento Video (1979) del Centre Pompidou, anche le ricerche sperimentali in Italia vengono in qualche modo, legittimate. Il canale preferenziale, è quello dei Festival, considerando l’arretratezza delle Istituzioni e delle Gallerie. L’unico centro di Video Arte storico, è quello a Ferrara, al Palazzo dei Diamanti, ma solo con funzione di documentazione ed archivio, non più di produzione. Oggi per arrivare a dei risultati concreti, bisogna portare avanti sinergie e progetti condivisi, come nel caso della realizzazione di “Quartiere Propaganda”, che oltre alla regia di Grazia Grasso, si avvale di numerosi contributi e collaboratori, che fanno capo alla residenza professionale presso Villa Bombrini a Cornigliano, nuovo polo audiovisivo della città di Genova e sede di Genova-Liguria Film Commission. Anche se, i pionieri del video sono stati un coreano e un tedesco, oggi sono le donne a esprimersi in modo più’ interessante, come nel caso di Pipilotti Rist , che combina elementi della performance, della poesia, della musica e della scultura, fino alla dimensione ambientale. La ricerca e i video di Eleonora Chiesa hanno in comune, con questa coraggiosa sperimentatrice, l’esperienza emotiva, la stessa che ha reso possibile e cosi unico, il progetto di “Quartiere Propaganda”.

Eleonora Chiesa, Cross Connect, Frame da video 2013
editing e fotografia Eleonora Chiesa e Grazia Grasso

Un tuo video, che punta sulla condivisione simbolica e reale delle esperienze e delle idee, è “Cross Connect”, video e installazione ambientale: il nastro bianco che intreccia gli alberi all’architettura, il cielo alla terra, all’interno dell’Università di Genova, è contro all’isolamento umano e culturale. La dimensione etica e sociale, è sempre così pregnante nel tuo lavoro?
Si lo è, inevitabilmente. Il contenuto etico (o la sua negazione) quanto la bellezza, sono parte costante di ogni opera, dalla tragedia greca, alla fiaba, fino ai film di oggi. Ad ogni creativo spetta scegliere da che parte stare e come farlo. Dai tempi di Caravaggio alle avanguardie, l’arte che parla intensamente del proprio presente si scontra con l’ordine e ‘la buona educazione’ dell’arte di sistema, quale “prodotto compiacente” di una società borghese che ne permette la sopravvivenza. Nel film Cloud Atlas, Sommi-451, durante uno dei momenti più significativi del film (la rivolta per i diritti degli “artifici”), mentre proclama il discorso rivolto a tutti gli abitanti della terra dice:“La nostra vita non ci appartiene. Dal grembo materno alla tomba, siamo legati agli altri.” Questa frase è tanto semplice quanto profondamente vera, nessuno esiste e può esistere e può vivere, indipendentemente dall’esistenza altrui, senza la relazione con gli altri “non potremmo conoscere neppure il nostro nome”, basta pensarci un momento per capirlo; in questo orizzonte di comprensione, la domanda che viene da porsi è, come si può ancora pensare che il destino o la condizione altrui non ci riguardi: è ovviamente un’illusione. Quando sono stata invitata dall'università di Genova ad intervenire negli spazi dei palazzi di Lettere e Filosofia, non è stato facile gestire l'iniziale emozione di ritornare ad interagire con quei luoghi in un altro modo, rispetto alla mia precedente esperienza di studente ; proprio quella sensazione di sentirsi come fili dentro una grande trama densa di input , che mi ha suggerito l'intenzione generale del progetto: le prime esplorazioni di quei grandi edifici storici, le scritte sui muri, le voci e i rumori sovrapposti nei corridoi e negli atri, fino alle lezioni di cinema, o di estetica avvolte da quell'atmosfera solenne come se si fosse ad una messa consacrata all'arte. L'Università, come tempio, luogo ideale simbolico (penso all'enciclopedismo illuminista) di trasmissione dei saperi e conoscenze, teatro di vite ed esperienze, in cui le persone si incontrano e come in una grande città/comunità, intrecciano i propri destini evolvendo momento dopo momento, attimo per attimo. In Cross Connect, ogni fettuccia è una vita ed una storia che per muoversi, vibrare ed arrivare ad altri punti ha bisogno delle altre come sostegni e supporto. Le fettucce bianche collegate tra loro, uniscono gli alberi del giardino interno al palazzo. Ogni albero, è specchio di un esistenza, simbolo antico dell'uomo in quanto essere di corpo e spirito che tende allo stesso tempo verso il cielo e la terra, alberi che comunicano in continua relazione e connessione tra loro. Cross Connect è anche il nome con cui vengono chiamati i grandi apparati di inter-connesione e scambio dati nelle telecomunicazioni internazionali tra grandi aree geografiche, come da uno stato all'altro - ricordo bene questo tipo di apparati perché Il mio primo lavoro prima di fare l'artista era proprio quello di testare i software preposti al funzionamento di queste macchine - Il parallelismo tra i dati trasmessi, (informazioni) e le storie che rendono possibili questo passaggio, è dunque immediato. L'azione ripetitiva e meticolosa di legare e collegare tra loro tutti questi elementi, intende mettere in luce questa relazione. Cross Connect nasce come ideale e inattesa prosecuzione del precedente Crossing (Video, 2010) in cui la metafora - trasposizione tra soggetto/individuo sociale e oggetto simbolico è anziché tra vite/storie personali e i nastri bianchi, è invece tra le vite-destini dei migranti e barchette di carta realizzate con fotocopie di passaporti stranieri (che senza altre possibilità di scelta si trovano a tentare il tutto per tutto attraversando il mediterraneo nel desiderio di un futuro distante da guerre, persecuzioni o carestie - e paradossalmente se sopravvivano vengono trattati come criminali e rinchiusi senza aver commesso reati, ma solo perché esseri umani fuori dallo schema che il sistema attuale ha previsto, proprio come fu per le vittime dei campi di sterminio… un emergenza sociale che sta diventando un altro olocausto - Crossing si rivela tragicamente attuale viste le ultime vicende con numeri da genocidio a largo di Lampedusa)
Nel video della performance “Carillon,” oltre che un sodalizio con la musica, tu stessa sei attrice della performance, appesa ad un’imbragatura di corde come una bambola/uccello, “Il corpo rimane segnato e il dolore prodotto dal proprio peso aumenta”. C’è un inevitabile riferimento alla Body Art e all’utilizzo della fisicità per veicolare il significato. Pipilotti Rist , classe 1962, lei stessa protagonista dei propri video, prende una posizione precisa di condanna sul sabotaggio e sulla mercificazione del corpo femminile, esasperata anche nell’ambito di MTV, programma di video musical. Anche se se più giovane, come ti rapporti con queste dinamiche? In “Carillon” evochi anche la cristallizzazione dell’icona femminile?
Carillon (2006) nasce dal pensiero di una forma in movimento perpetuo, un azione che potrebbe potenzialmente svolgersi all'infinito.
La figura femminile che impersono nell'azione, è un soggetto e oggetto al tempo stesso, un personaggio in assenza di narrazione o evoluzione. Un soggetto “oggettificato'” e idealizzato in schemi sociali standard (madre, moglie, amante, in ogni caso oggetto da possedere) come spesso nella società viene fatto con il ruolo della donna. Nella performance, il movimento come il tentativo di liberare il corpo dal peso stesso del suo esistere, è una sfida all'immobilità della costrizione. La forma candida ed estetizzante della donna nel carillon, suggerisce una leggerezza in antitesi con gli sforzi e i goffi tentativi di sciogliere i nodi che legano il corpo “appeso a se stesso”, un paradosso immediato con lo svolgersi dell'azione, accompagnata dal suono ipnotico leggero e profondo allo stesso tempo, con battute che proprio come l'azione non si risolvono.


Carillon W015, foto della performance - 2006

Nel 1997, il Turner Prize, creato dalla Tate Gallery, è aggiudicato alla fotografa e video artista Gillian Wearing, le cui opere comprendono un alto grado di complicità con la gente comune che vive nel suo stesso quartiere, situato a sud est di Londra. La mancanza di riconoscimenti ufficiali e di supporto in Italia rispetto all’estero, è uno ostacolo superabile con la collaborazione e l’autoproduzione?

La mancanza di riconoscimenti ed adeguato sostegno all'arte contemporanea italiana rispetto all’estero, certo non facilita le cose. Gli artisti sono costretti a cercare sostegno nelle istituzioni e nei privati, cercando di mantenere la propria libertà e autonomia creativa, e tutto questo, non è sempre semplice.
Sussistenza e mezzi per la produzione si trovano di solito in committenze pubbliche o private e collezionismo, ma a volte non sono sufficienti in un panorama di grande crisi culturale come quello in cui si opera ora; oltre a questi “meccanismi” tradizionali, esistono delle valide alternative come l'autoproduzione condivisa (di mostre e progetti) e l'organizzazione diretta da parte degli stessi artisti, tra collettivi e piattaforme plurali di diffusione.
Lavorare o essere inseriti in meccanismi di cooperazione, trovandosi insieme ad altri colleghi e amici uniti da intenti comuni e sensibilità affini, è sempre un esperienza che arricchisce e aggiunge nuovi stimoli. L'ultima mia partecipazione a Maratona Perfomance curata da Paolo Angelosanto nell'ambito del F.a.c.k Festival a Cesena questa primavera, ad esempio, mi ha dato moltissimo, è stato un evento condiviso che ha creato sinergie e legami attivi per l'organizzazione di nuove iniziative intorno ai temi all'agire performativo contemporaneo, indipendentemente dal mercato delle gallerie o dai luoghi espositivi deputati .

Plessi, mette in relazione forma o meglio formato e contenuto e le sue installazioni sonore sul tema dell’acqua, sono liriche ma anche estremamente spettacolari, con un riferimento all’aspetto monumentale in architettura. La tua visione estetica ed espressiva mi sembra più austera e minimalista. Una soluzione più efficace per veicolare emozioni?

Non saprei come rispondere in modo definitivo a questo; la forma estetica dei miei lavori varia molto in relazione all'ambiente e all'intenzione dell'azione, come all'intenzione e al messaggio del progetto stesso, potrei dire che è dipendente dalle intenzioni ma forse anche questo non è del tutto sempre vero. Per esperienza diretta, vedo che dal disegno, alla fotografia, al video, ma sopratutto nella performance, il risultato finale dipende da una sorta di “autonomia alchemica” dell'opera, mi spiego meglio: quando anche ci si illude di aver totalmente diretto o controllato tutto, non si riesce mai a farlo fino in fondo; ed è ciò che accade intorno, che completa il lavoro e lo rende ciò che deve essere: “la sua quint'essenza” .
In “About Identity” per ragionare sugli stereotipi e sulle convenzioni, ti travesti da sposa e compi un’immersione nell’acqua. Luigi Ontani, gli artisti inglesi Gilbert&George e la stessa Marina Abramovic, giocano sul travestimento e sul camuffamento. Per gli esiti dei tuoi video, quanto è stato determinante essere protagonista, mettendoti in gioco?

Il travestimento è un modo classico di usare gli archetipi sociali per diventare o incarnare altro da se, rispetto a ciò che si vuol esprimere; dal punto di vista antropologico il travestimento si trova ovunque, dai rituali sciamanici alle maschere del teatro popolare, dall'arte alla religione, è sempre stato usato e credo lo sarà sempre.
About Identity è un stato un lavoro molto duro per me, ho dovuto scendere in profondità per riflettere su un tema universale come l'Identità, e ho dovuto farlo senza compromessi.
La performance che ho realizzato a Vittorio Veneto, si è articolata sulle dinamiche e i simboli classici del rito, la purificazione del corpo con la cenere e l'immersione totale in acqua, la rimozione volontaria di elementi “indentitari”, come i capelli e indumenti convenzionali (nelle performance ho indossato il mio abito da sposa, e la ragazza che mi ha assistito indossava quello di mia madre) e come ultimo gesto e sigillo a completare l'atto: la benedizione-approvazione di un bacio .
Durante l'azione, si poteva sentire un l'istallazione sonora registrata, un sorta di mantra in loop che ripeteva: '”Non cercare l'oro dove non c'è”; quell'oro interiore, non si trova credendo nell'univocità dell'identità singola o di quello che c'è scritto sui nostri documenti .
Forse ora che è passato del tempo da quel lavoro, ripensandoci attentamente potrei dire, che About Identity conteneva un messaggio-invito di fondo: l'antico e attualissimo “Conosci Te Stesso” di Delfi, e per conoscere se stessi è necessario distruggere l'identità e tutti gli elementi tipici che la connotano: ego, ruolo, genere, abito, classe sociale; perché parafrasando Rimbaud: 'Io è un altro’, e Il travestimento, diventa una via di accesso alle altre infinite identità e alla nostra interiorità autentica .

Sia Nan June Paik, che Wolf Wostell, hanno condotto una ricerca musicale parallela coinvolgendo John Cage e Stockhausen. Rimane storica, la collaborazione tra Paik e la violoncellista americana Charlotte Moorman, che partecipa alle sue performance, come quella censurata, nella quale lei ha due piccoli schermi televisivi sul seno nudo. In Italia gli ambiti di sperimentazione sono fortemente separati, anche se l’aspetto sonoro e visivo nel video viaggiano su binari paralleli. Come scegli i tuoi collaboratori tra i compositori ed interpreti per i tuoi progetti?

In generale cerco sempre di non applicare criteri rigidi ma di affidarmi all’intuizione e all'ascolto rispetto al tipo di interlocutore-collaboratore che di volta in volta cerco.
L’arte multimediale è quasi sempre una pratica collettiva, anche quando non lo sembra. Sarebbe difficile organizzare un azione, un video o un installazione, senza avvalersi di altre collaborazioni, sopratutto per quanto riguarda il suono, a cui molto spesso ho contribuito direttamente all'editing oppure altre volte mi sono affidata interamente all'interpretazione personale del musicista, cosa possibile, quando c è una provata sensibilità comune, come nel caso della collaborazione con il music producer berlinese DIEB (Til Kerlen), o con gli amici port-royal, Modus e Mass Prod, per la colonna sonora di Quartiere Propaganda.
Per quanto riguarda gli interpreti di un video o di una performance, più che scelta parlerei di incontri. Oltre all'aspetto professionale ed estetico, è molto importante stabilire un rapporto di interscambio con le persone che si coinvolgono, in modo che l'azione compiuta non sia percepita come prestazione d'opera, ma piuttosto risulti fondata sull'agire insieme in un ottica comune e condivisa. Il dialogo relazionale facilità e crea Sincronia nell'azione.
Il coinvolgimento tra individui che cooperano condividendo un idea comune, contribuisce ad aggiungere tensione e autenticità all'atto, ad esempio: realizzare una performance pubblica come TRUE Project non sarebbe stato possibile con interpreti che non avessero condiviso in pieno il messaggio politico del progetto.

Il Festival di Video Arte di Locarno, parallelo a quella del cinema, è ormai conosciuto a livello internazionale. I video artisti ancora una volta, prendono le distanze dalle gallerie e soprattutto dalle fiere, per privilegiare i Festival. Nel 1991 a Berlino, la rassegna Metropolis, relega i video esposti in una zona buia del Museo. Successivamente c’è una proliferazione di video e fotografia. Quale canale di diffusione preferisci per veicolare il tuo lavoro?

Mostre collettive, rassegne, conferenze, festival multimediali, azioni e installazioni site specific in spazi pubblici, luoghi deputati e non. Ogni contesto è lecito poiché, consente al messaggio di un'opera di arrivare al pubblico, se esso è disposto ad accoglierlo.

Il Casting e il coinvolgimento degli abitanti di Cornigliano, la fase cruciale del progetto “Quartiere Propaganda”, come è stata proposta ed accolta da coloro, che sono stati selezionati come i protagonisti, i testimoni della loro comunità? I testi da leggere sono stati scelti da loro o avete fatto anche voi delle proposte, come nel caso delle filastrocche o dei fumetti per i bambini?

Quartiere Propaganda, come progetto video trasversale tra il film è il documentario, si è basato fin da subito sull'interazione con il territorio attraverso l'approccio della pratica relazionale con i cittadini, come soggetti primari del tessuto sociale e le realtà aggregative che ne fanno parte. Lo svolgimento del casting, ha permesso di creare una prima occasione di contatto, per presentare e far conoscere il progetto agli abitanti e alle associazioni del quartiere interessati a confrontarsi attivamente come interlocutori e rappresentanti della propria comunità, quale realtà in continua trasformazione e specifico luogo di incontro fra città e periferia (un grande ponte unisce Cornigliano al resto del centro città). L'interazione diretta e il confronto sulla scelta dei libri come strumento classico di diffusione della cultura e dell'informazione, sono stati parte di un esperienza positiva costruita sulla partecipazione degli aspiranti protagonisti e di tutti quelli che hanno contribuito attivamente alla realizzazione pratica delle riprese. I testi e i libri letti nel film dalle persone sono stati proposti da loro, a volte discussi insieme, altre volte scelti relativamente agli argomenti suggeriti da me e Grazia; forse si può affermare che l'insieme dei testi letti possa essere interpretato come testimonianza delle aspirazioni, delle attività e degli interessi di una comunità, in un determinato momento storico.

Nonostante il degrado e il disinteresse per la cultura, continuerai a lavorare in Italia o hai in programma anche future collaborazioni all’estero?

Il degrado e il disinteresse per la cultura in Italia purtroppo, è il risultato di un lungo trentennio di riforme dell'istruzione ed un abbassamento generale dell'offerta formativa unito a un sistema dell'informazione di massa sempre più filtrato e superficiale. Nonostante questo credo che ci siano buone speranze di miglioramento della coscienza collettiva in futuro, stiamo infatti vivendo, in un momento di grande trasformazione che si estende in tutta Europa, Italia compresa, in cui esiste un fitto sottobosco di ambienti alternativi in continua espansione, che potrà dare una nuova linfa all'ambiente artistico e culturale. Continuerò a lavorare in Italia come fuori, ovunque ci siamo delle emergenze, delle criticità da sottolineare e nuovi interrogativi da porre, perché dalle avanguardie storiche ad oggi, il ruolo dell'artista come intellettuale che si esprime attraverso il linguaggio “anarchico ed incontrollato” dell'arte, è necessario ad anticipare i movimenti e le idee che verranno.


Eleonora Chiesa, Quartiere Propaganda, 
foto di Produzione 2012 - credit Fabrizio Pezzoli

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