mercoledì 29 gennaio 2014

StorieReali presenta: INTERVISTA A STEFANO MAURI


                     Editoria: mitizzare il passato e inventare il futuro


  Stefano Mauri in uno scatto di Yuma Martellanz
                                          


Stefano Mauri, classe 1961, amministratore delegato della Longanesi, è figlio di Giovanna Aureli e Luciano Mauri (luminare dell’editoria, guida delle Messaggerie Italiane e protagonista della distribuzione della carta stampata in Italia).
Per comprendere il ruolo fondamentale che ha avuto nell'unificare e rilanciare diciotto tra case editrici e marchi editoriali, bisogna risalire al 1988, anno in cui Stefano Mauri entra nella Longanesi di Mario Spagnol per fondare l’ufficio marketing del gruppo (che già comprende anche altre case editrici come Adriano Salani Editore, Ugo Guanda e TEA). Al tempo la situazione era di un gruppo in crescita sotto la guida di Mario Spagnol (all’epoca aveva solo una quota del 2% sul mercato) e Stefano Mauri introduce nuovi strumenti di marketing e progetta nuovi sistemi informativi per assistere le scelte editoriali.
Stefano Mauri vuole viaggiare su due binari paralleli: la qualità e varietà delle scelte editoriali e il rilancio dell’editoria, anche dal punto di vista aziendale e produttivo. Egli cerca di rendere le case editrici indipendenti e autosufficienti dal punto di vista finanziario ed economico. Il progetto è sempre lo stesso: trovare nuovi autori interessanti per i propri lettori e nuovi lettori per i propri autori, usando tutte le competenze e le tecnologie disponibili.

In Italia il mondo dell’editoria è immaginato e considerato ancora in modo abbastanza rigido e tradizionale:  vige il luogo comune “tutti scrivono e nessuno legge”, l’editore è considerato un idealista intellettuale, destinato a un ruolo di nicchia o un miraggio di scrittori in erba che aspirano a pubblicare, anche a pagamento, il loro “capolavoro” nel cassetto. Stefano Mauri è un vero imprenditore del mondo dell’editoria, lo dimostrano i saldi principi su cui basa il suo impegno e la capacità di acquisizione e di rilancio di prestigiose case editrici quali Garzanti, Vallardi, Nord e Bollati.
Altro snodo fondamentale, oltre alla tutela dell’indipendenza editoriale e della libertà di stampa, è stato quello di occuparsi della difesa del diritto d’autore, ancora un campo minato e spesso ingiustamente screditato. Responsabilizzare e rendere protagonisti gli scrittori, dandogli l’opportunità di essere essi stessi stakeholders, ovvero portatori di interessi, e quindi di partecipare attivamente al benessere e allo sviluppo della casa editrice di riferimento, è un punto cardine per Stefano Mauri, sul quale non transige.
Nel 2005 fonda il Gruppo Editoriale Mauri Spagnol,  con lo zio Achille Mauri e Luigi Spagnol, riunendo in un'unica proprietà i numerosi interessi editoriali delle due grandi famiglie del settore.
Tra i risultati di maggior rilievo: le Garzantine in allegato ai quotidiani, protagoniste della lunga stagione degli inserti in edicola, e, nel 2007, la fondazione  di Chiarelettere,  casa editrice di denuncia con titoli d’inchiesta di grande successo e con firme del calibro di Gianni Barbacetto, Peter Gomez, Gianluigi Nuzzi e Marco Travaglio. E’anche l’ideatore del torneo letterario “Io scrittore” partito nel 2010, un efficace ed efficiente motore di ricerca di nuovi talenti.
Il grado culturale e la pubblicazione di numerosi e inediti generi letterari per poter soddisfare gusti ed esigenze trasversali, senza limiti di età o provenienza, sono stati ultimamente facilitati dall’ e-book che è e deve  rimanere solo uno strumento di diffusione alternativo che non sostituirà la carta stampata e non potrà diventare certo un obiettivo predominante, fine a stesso, realtà di cui Stefano Mauri è sempre stato consapevole.
Oggi Stefano Mauri è presidente e amministratore delegato del Gruppo editoriale Mauri Spagnol.
Tra le varie cariche che ricopre, è Presidente di TEA, Pro Libro e Nord, vicepresidente di Messaggerie Italiane e di Bollati Boringhieri, amministratore delegato di Longanesi&C., di Garzanti Libri e di Guanda.
È inoltre membro del comitato organizzatore della Scuola per Librai Umberto e Elisabetta Mauri.


Copertina dell’ultimo numero della rivista “Il Libraio”
che presenta le novità editoriali delle case editrici
del Gruppo editoriale Mauri Spagnol.


Secondo la tua esperienza di editore, che cosa ha determinato la crisi dell’editoria mondiale?
C’è un nuovo medium, il web, diverso da tutti quelli che lo hanno preceduto perché consente una comunicazione da molti a molti. Tutti gli altri mezzi di comunicazione sono più gerarchici o paralleli, vanno da uno a molti o da uno ad uno. Questo cambia molto le cose, si aggiungono nuovi impieghi del tempo libero( i social ne sono l’espressione più chiara) e ancora molti modi di utilizzare questo mezzo devono essere inventati. Insomma bisogna far posto a nuove forme di impiego sia del tempo libero sia  dell’apprendimento e,  nello stesso tempo, bisogna trovare per i libri un senso anche in questo nuovo spazio digitale che è esploso.

Per avere un quadro della situazione italiana e internazionale, ci racconti come sono andati gli ultimi saloni del libro di Torino, di Francoforte e la rassegna Bookcity a Milano?
Francoforte è per gli Italiani una fiera business to business, è il grande mercato dei diritti d’autore, là dove si decide cosa viaggia e cosa no da un Paese all’altro, da una lingua all’altra. Alcuni Paesi del Sud Europa, tra i quali l’Italia, stano vivendo una profonda crisi economica perciò l’ultima edizione era un po’ depressa. Torino e Bookcity hanno più le caratteristiche delle fiere destinate al pubblico e non mostrano segni di flessione, anzi, anche grazie al tam tam del web, c’è ancora più voglia di partecipazione a queste manifestazioni.
           
Per avere una visione come la tua, bisogna sondare il mercato, captare i cambiamenti e valorizzare il passato. Come riesci a conciliare e far funzionare insieme tecnologia e tradizione, investimenti economici e ricerca sperimentale, certezza di qualità ed espansione dei lettori che comprano libri, come un necessario bene di consumo?
Per fortuna ho molti soci e collaboratori in gamba che esplorano diverse dimensioni culturali e le traducono in libri. Il mio compito è più organizzativo in generale per il gruppo e più editoriale per Longanesi e Garzanti dove sono chiamato a prendere le decisioni più importanti come amministratore delegato. Chi lavora in editoria è in genere curioso e molto attento al nuovo. E forse siamo anche abituati per forza di cose a cercare di distinguere, tra tutte le novità che si affacciano nel nostro mondo, ciò che avrà importanza ancora tra qualche tempo.

Molte microscopiche case editrici, come “Il Pulcino e l’Elefante”, riescono a stento a sopravvivere, altre sono destinate a cessare l’attività. L’unico rimedio sarebbe l’unione e inglobarsi in un unico gruppo. Non si rischia così di perdere la ricchezza culturale e il contributo particolare di ognuna di loro?
Certamente il rischio c’è ma ci sono molte aree (commerciale, gestionale, marketing, distribuzione, scouting internazionale, finanziaria, tecnologica) dove il gruppo può fornire una esperienza molto maggiore e dare più forza e sicurezza agli autonomi progetti delle direzioni editoriali. E’ questo quel che cerchiamo di fare in GeMS. Comunque ultimamente la crisi ha depresso tutti i settori che dipendono solo dalla domanda interna e ovviamente i libri non fanno eccezione. Perciò è difficile per i grandi come per i piccoli, bisogna essere ancora più attenti di prima.

Un vostro recente grandissimo successo editoriale, “L’amore è un difetto meraviglioso” di Graeme Simsion, è caratterizzato da dialoghi fulminanti e da una storia in tempo reale, infatti l’autore è uno sceneggiatore cinematografico al suo esordio nella narrativa. I nuovi talenti si cercano anche in altri ambiti creativi?
Lo abbiamo comprato da un editore australiano, certamente gli scrittori possono arrivare a sorpresa da tutti gli ambiti, si pensi ad esempio agli avvocati, come Grisham, Turow, Falcones. Gli sceneggiatori, come Donato Carrisi, sono avvantaggiati: con i loro libri non ci si annoia, conoscono i ritmi della gente.

Marketing nell’editoria significa ancora un bombardamento mediatico o oggi è un progetto più incentrato sugli studi di mercato, le tendenze e i sondaggi capillari, sul successo di un futuro best seller? Per incrementare le vendite di un libro di successo quindi è più importante puntare sulla pubblicità o fare ricerche di mercato sui potenziali futuri lettori?
Il marketing del libro è in continua evoluzione. Certamente il favore dei media ha sempre rappresentato un grosso aiuto. Da Fazio ai quotidiani ai femminili tutto aiuta a trovare i primi lettori di un libro. Il grande successo però lo fa il passaparola che parte da questi lettori. Oggi c’è anche il web, ci sono i blogger, c’è il marketing on line che si affianca a quello tradizionale e può godere di molte più informazioni su come la gente legge i libri e come decide di acquistarli rispetto a prima, basta girare per i forum di lettura per avere finalmente informazioni utili a servire meglio i lettori.

Cosa ne pensi dell’e-book? E della sopravvivenza e magari di un rilancio del libro cartaceo?
Il libro cartaceo non solo sopravvive ma è maggioritario in tutto il mondo dove l’ebook è rimasto per ora una nicchia, grossa o piccola che sia. Il problema è che in un mercato maturo e già con pochi margini anche una flessione del 20% della filiera della carta crea molte difficoltà ai librai, mentre gli editori almeno in parte recuperano qualcosa dalla vendita degli ebook.


Copertina del libro Fai bei sogni di Massimo
Gramellini, edito da Longanesi.

Nel 2012 hai ricevuto l’Onoreficenza di Cavaliere del Lavoro dal Presidente della Repubblica Napolitano. Al di là di questo meritato riconoscimento, lo Stato italiano, considerando anche la profonda crisi, rimane distante e poco partecipe nei confronti della cultura. Possibili interazioni e cambiamenti futuri, secondo te?
Per la prima volta proprio il governo Letta ha dato dei segnali forti, come il progetto di consentire la detrazione sull’acquisto di libri, l’intenzione di investire sulla promozione della lettura, lo schierarsi a favore della riduzione dell’IVA sull’ebook con la Francia. Se son rose fioriranno, vedremo. 
                                                                                                                              
Hai vissuto e studiato a New York. Consigli a un giovane che vuole lavorare oggi in campo editoriale di fuggire all’estero o ci sono ancora strade da esplorare e possibilità concrete d’impiego per i laureati in Filosofia e Lettere Moderne nel nostro paese?
Certamente i settori culturali non sono al momento i più promettenti sotto il profilo economico. Si è seduto a tavola un nuovo ospite piuttosto grasso e famelico e vuole la sua fetta della torta. Sono le cosidette OTT, le grandi piattaforme digitali che vogliono la loro percentuale per distribuire i prodotti digitali e non è una percentuale irrisoria, incide parecchio sul prezzo degli ebook che pure, nonostante questo e un’IVA cinque volte maggiore, in Italia ha un prezzo medio molto contenuto rispetto al cartaceo. Bene interessarsi ai mercati culturali ma anche imparare tutto quel che si può sui mezzi digitali.

In passato il classico “Viaggio al termine della notte” di Céline venne all’inizio in parte storpiato, a causa di una approssimativa e superficiale traduzione. Abbiamo ancora validi traduttori in Italia? Il rischio di distorcere e massacrare un testo originale è sempre in agguato o no?
Abbiamo validissimi traduttori in Italia, ma anche editori che risparmiano troppo su questo aspetto e sulla revisione per poter offrire dei prezzi allettanti. Quando si compra un libro è bene anche capire che spendere due o tre euro in più per avere più qualità in un romanzo che ti occupa la mente e la informa per svariate ore vale la pena. Ma col tempo i lettori capiscono.

Cosa ne pensi dei libri come coffee table magari natalizio, ovvero “oggetto di regalo decorativo”? Noi del blog siamo favorevoli, e tu?
Io sono favorevole a qualsiasi libro,  ma devo dire che in Italia hanno molto meno fortuna che in USA e in Francia i libri illustrati da tavolo. Gli Italiani comprano soprattutto libri sotto i 20 euro di prezzo e soprattutto narrativa.

Hai partecipato in televisione al programma “Le Iene” con un’intervista doppia, padre e figlio, molto commovente, con tuo figlio Andrea Mauri, un ragazzo straordinario e molto sensibile. Come ha influito il suo disease nella tua crescita personale e lavorativa?
Un figlio così cambia molto le prospettive dalle quali si guarda alla vita, spesso in meglio. Mi ha insegnato a distinguere l’intelligenza dalla competenza linguistica e dalla cultura, l’intelligenza come capacità di astrazione, che non è il suo forte, da quella sociale nella quale è molto più acuto di me. Mi ha insegnato ad essere inclusivo, mi insegna ogni giorno che la vita è bella nelle piccole cose, basta che lo vogliamo. C’è la grande vita fatta di progetti, lavorativi e famigliari, e poi c’è la vita, che spesso trascuriamo, fatta delle ore che si susseguono, di come le passiamo e con chi le passiamo. Bisogna occuparsi di entrambe (lui è uno specialista della seconda come io della prima).

Dall’intervista televisiva si scopre che tuo figlio Andrea vuole fare il barista. Come deve essere, secondo te, il bar ideale di Andrea Mauri a Milano?
Il bar di Andrea è un bar dove ci sono degli habitué che vogliono iniziare la mattina con un sorriso affettuoso quando prendono il caffè, un bar solare dove non si litiga e dove tutti ci si dà del tu e ci si prende un po’ in giro. Un bar dove ogni compleanno ha la sua torta con le candeline. Un bar che a pranzo serve sempre gli gnocchi e di contorno ha sempre in menu le patate fritte. Un bar con bella musica e tanti giovani. Un bar senza tanti steccati tra chi serve e chi viene servito. E senza quella fretta che impedisce di gustare il cibo con la dovuta religione.

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