venerdì 7 dicembre 2012

Anteprima del romanzo "Andrea negli anni '80": INTERVISTA AD ANTONIO MANCINELLI




Antonio Mancinelli in un' illustrazione di Stefano Delli Veneri 
per il libro "Andrea negli anni '80"

Oggi parla Antonio Mancinelli, giornalista e scrittore, caporedattore di Marie Claire.
Ha pubblicato due libri: “Moda!” con Sperling&Kupfer nel 2006 e “Finalmente libere” sempre per Sperling&Kupfer nel 2011.

www.antoniomancinelli.com




Nella città, alla fine dell’89, era di moda a Milano l’Isola. Poi ci fu l’esplosione dei quartieri dietro la vecchia stazione di Porta Genova, e specialmente, nelle vie Tortona e Savona, oggi street-art. L’Isola era come un paese ma dalla fama famigerata. Zona di ladri con un variopinto mercato al sabato, come a Campo dei Fiori a Roma. 
Io ci stavo bene in quella atmosfera un pò trasgressiva. Vivevo in Porro Lambertenghi. 
Si facevano spesso grandi feste anni Ottanta, le mie vicine, vedove sorde di anziani artisti, non protestavano mai. Non c’era ancora Corso Como 10, ma botteghe artigianali, come quella del liutaio, del libraio poi diventato scrittore, e la pasticceria.
Un po’ come Soho a New York. Da quartiere con una pessima nomea, a zona alternativa e radical chic. Da qui esordì Romeo Gigli. Il suo primo negozio fu un garage in zona. Quindi si trasformò da malsana periferia ad atelier di artisti famosi, come Marco Petrus, oggi esposto anche a Mosca. In questa zona, la discoteca Nuova Idea è stata un punto di riferimento del mondo gay. Anche a Roma avvenne lo stesso fenomeno di cambiamento nel quartiere intorno a Piazza Farnese e a Piazza Navona.
Fino agli Ottanta sconsigliabile, divenne poi zona di tendenza, grazie al glamour della moda, e di negozi come Tangenziale Moda dove Maurizio Galante radunava i couturier, e il Bacillario spazio dark. Il contrario avvenne con il Caffè della Pace, allora famosissimo, oggi un po’ defilato. Con l’uscita dagli anni di piombo, dall’angoscia dei giorni del rapimento Moro (1978), si ha voglia di leggerezza: ecco il rilancio del Piper, l’uscita del film cult Saturday Night Fever. Il ballo, la musica, il divertimento aiutarono a risollevarci dagli anni bui del terrorismo. Fine, tra l’altro, della schiavitù musicale degli Intillimani!
Due cult movies segnarono poi la fine degli anni Settanta: Io sono un autarchico ed Ecce Bombo di Nanni Moretti. Il finale amaro di quest’ultimo è la donna depressa lasciata sola.
Gli anni Ottanta segnano inoltre il ritorno all’egotismo, all’abbandono, al disinteresse, alla spinta individuale. Si pensa solo a sedurre, al sesso, al week end, al lavoro come autoaffermazione, all’apparenza, ai soldi, al successo (binomio caro al Gordon Gekko - Michael Douglas - in Wall Street) e… a finire in copertina.
Il massimo interesse nel giro di poco tempo divenne la moda, dimenticata l’austerity. Non più le divise come negli anni Settanta ma finalmente, liberi, belli e fighi. Poi però l’omologazione ritorna con i paninari e il loro look tutto Timberland. Invece il Moncler è ancora nei nostri armadi. Non ci sentivamo più impegnati ma soltanto più frivoli. Basta col femminismo, ecco la gioia di essere se stessi. Portavamo tutti la giacca di Thierry Mugler, come reliquia.
Solo nel ’77 l’Italia era su Stern rappresentata da una pistola su un piatto di spaghetti, mentre nell’82, trionfa Time con la copertina su Giorgio Armani, re Giorgio e gli Azzurri di Rossi, Tardelli e Altobelli sono i campioni del mondo!
Ma diciamo che il ‘made in Italy’ nasce nel ’77, con la prima sfilata di Armani al Principe Savoia a Milano, poi Beppe Modenese – icona del made in Italy – poi il
successo di Milanovendemoda. E’ di questi anni anche l’uscita del Vanity illustrato da A. Lopez…e il mensile Moda di Corona. Purtroppo negli Eighties parliamo anche di AIDS, il tema più forte e più sentito.
Ma in fondo ci si voleva prendere una parte di felicità strappata dagli anni di piombo, ci si ribellava all’austerity, non sono per me anni superficiali ma di giusta evasione, anche anni di libri cult come Il postmoderno di Lyotard.
La trasmissione simbolo è stata Quelli della notte con Arbore e Roberto d’Agostino nei panni del lookologo alle prese con L’insostenibile leggerezza dell’essere di Milan Kundera.
Come musica? Ho visto la nascita di MTV made in Usa, i video, Simon Le Bon, gli Spandau Ballet, gli Ultravox…colonne sonore di stilisti avant guarde come Vivienne Westwood, J.P. Gaultier…insomma piaceva il bello in quanto bello, senza tante menate!
Per me è stato divino Bruce Springsteen nell’84 con il disco Born in the Usa, lui era the Boss: restituiva la possibilità del sogno americano, lui così bello, le sue canzoni come ballate…proprio l’incarnazione dell’American Dream, e ai concerti si stava insieme per il piacere di stare insieme.
Poi il fenomeno Madonna che suscitò e suscita assoluto scalpore ancora oggi.
Ricordo infine la festa per i primi 20 anni di Fiorucci a Parigi…una grande fiducia per una futuro in technicolor!





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