RIVOLUZIONE ED EVOLUZIONE DEL GREMBIULE DI SCUOLA
Quando tre amici
decidono di lasciarsi un certo ambito professionale alle spalle, il
coraggio del cambiamento e l’intuizione imprenditoriale vengono di
solito premiati. Alessandro Moro, ha già un’esperienza precedente
nell’abbigliamento, il suoi soci Paolo Restelli e Dado Schapira,
provengono da un contesto diverso ma quando stabiliscono di lavorare
insieme, fondano “Adventures”,
specializzata nella produzione e
distribuzione delle uniformi e divise scolastiche per le scuole e gli
Istituti Privati Internazionali.
Lo scrittore e poeta
Gianni Rodari, ha descritto la vita adulta come “una scuola senza
il grembiule e il banco”. L’esperienza scolastica, il luogo, i
rituali attribuiti ad essa, influiscono moltissimo sulla nostra
personalità e crescita e a livello generale, hanno un impatto
notevole sul mutamento della società italiana.
La nascita di
“Adventures”, coincide con l’abbandono del grembiule e il
ritorno parziale della divisa.
In certi paesi,
soprattutto in quelli Britannici, l’uniforme scolastica con gli
stemmi e con i differenti colori, sono parte integrante della loro
tradizione ed identità socio-culturale, in Italia è un fenomeno
inedito, legato anche all’evoluzione del grembiule tradizionale.
Tutti noi ricordiamo, nelle foto di classe o di fronte alla cartina
geografica seduti nel banco, il vecchio e classico grembiule, bianco
per le femmine, nero per i maschi, decorato dal colletto bianco e il
fiocco colorato. Anche nelle scuole Superiori era imposto, prima del
68’, quando il suo utilizzo obbligatorio, è stato fortemente
contestato anche a causa delle reminiscenze fasciste.
In tutti questi
anni, al contrario, assistiamo alla diffusione, non solo nelle scuole
private ma anche in quelle pubbliche, della divisa, che sostituisce
i vestiti e quindi viene apprezzata dalla scuola, come simbolo di
riconoscimento e appartenenza ma anche dai genitori, per la praticità
e dagli psicologi per l’annullamento di condizionamenti legati alla
moda e di connotazione sociale.
In un periodo di
grande crisi nel settore dei tessuti e dell’abbigliamento, da parte
di chi lavora in “Adventures”, aver focalizzato delle precise
esigenze e aver saputo soddisfare delle richieste così specifiche, è
stato un grande risultato, non solo dal punto di vista economico.
Quando avete
iniziato questa avventura, eravate consapevoli del cambiamento nella
storia del costume del grembiule ovunque ma in speciale modo anche in
Italia? La domanda è sempre in aumento o anche voi subite l’impatto
della crisi economica e la diminuzione delle iscrizioni in Istituti
più esclusivi?
Certamente
eravamo consci di questo cambiamento in atto: la tendenza in
crescita ad eliminare, attraverso la divisa, i condizionamenti
sociali.
Nel nostro ambito,
nonostante il periodo critico che si sta attraversando, la richiesta
è in aumento, con la differenza sostanziale che determinati istituti
sono già storicamente abituati alla divisa, altri con rette più
basse (ad esempio alcuni di quelli religiosi) sono costretti a dei budget
inferiori e ad accettare dei rinnovamenti d’immagine.
Giustamente, ci
tenete ha sottolineare che i vostri tessuti e la lavorazione delle
uniformi, distribuite da “Adventures”, sono effettuate in Italia e in Europa,
tenendo conto della qualità e della perfezione nella lavorazione.
Questo giustifica in parte anche il costo non bassissimo di alcuni
articoli. Tutti oggi producono e realizzano in Corea o in Cina.
Conservare un livello alto, sia per il design che per le materie
prime, deve essere un obbiettivo imprescindibile perché alla lunga è
un investimento non solo d’immagine ma soprattutto una garanzia di
eleganza e qualità. Questa scelta è stata pesante all’inizio da
far comprendere?
No, anche perché
comperando direttamente nel nostro showroom di via Paleocapa, 4 a
Milano, il prezzo di una polo, per esempio, è comunque inferiore rispetto ad una
equivalente comperata in negozio.
Riusciamo quindi
ad offrire prodotti di alta qualità ad un prezzo concorrenziale.
La divisa, anche
solo parziale, maglietta e felpa, è soprattutto pratica, perché
elimina il rituale della scelta dei vestiti al mattino per il
bambino, che deve andare a scuola. Il bambino accetta subito questa
imposizione stilistica o invidia i suoi coetanei e amici vestiti in
borghese?
Fino a dodici
anni non ci sono problemi, per i teen agers invece, ci sono
ovviamente dei condizionamenti dettati dall’ emulazione e dal
desiderio legittimo di appartenenza ad un gruppo di amici o ad una
moda.
Ma, anche in
questo caso, si è assistito ad un graduale cambiamento determinato
anche dal fatto che, per gli eventi sportivi (come succede negli
Stati Uniti) la tuta della scuola è indossata con grande fierezza
ed orgoglio anche fuori dal contesto scolastico.
Negli Stati Uniti
e in Inghilterra, ad esempio le Università di Oxford e Cambridge,
sono orgogliosi delle loro divise, con i colori e gli stemmi che li
distinguono da tutti gli altri. La divisa diventa un forte messaggio
e codice simbolico. In questo periodo di crisi d’identità e
perdita degli obbiettivi comuni nei giovani, pensate che anche in
Italia, con le dovute differenze, possano esserci dei meccanismi
psicologici simili?
Sicuramente anche
in Italia, in un periodo di crisi di valori, sia nella società che
nelle famiglie, si inizia a sentire maggiormente l’esigenza di
affidarsi alla scuola e sottolineare l’appartenenza ad un preciso
Istituto.
Frequentare una
scuola piuttosto che un’altra, non è più un rituale imposto e
privo di significato personale, ma un consolidamento dell’identità
dello studente.
Tu ti occupi
anche del design dei prodotti. Esiste un margine di creatività nella
scelta delle forme e dei colori e nella grafica o sei totalmente
vincolato dalle richieste delle scuola? Recentemente anche un
Istituto di Isernia vi ha contattati. Anche nel Sud, la divisa
scolastica ritorna?
Proprio dal Sud
riceviamo le richieste che lasciano più spazio alla creatività e
all’innovazione, in quanto non esiste una tradizione consolidata
dell’uso della divisa scolastica.
Questa libertà
dai vincoli porta ad un miglioramento ed a un rinnovamento generale
nella nostra produzione.
Nel 2008,
l’allora ministro della pubblica istruzione, aveva proposto la
reintroduzione del grembiule obbligatorio nelle scuole pubbliche,
provocando un ampio dibattito nella stampa. Ricollegandosi alla
vostra esperienza, sembra che ogni Istituto voglia avere la
possibilità e la libertà di scegliere in modo autonomo, senza
subire delle imposizioni dal Ministero. Siete d’accordo?
Penso che la
crisi dello Stato Italiano sia determinata anche dal fatto di aver
trascurato un aspetto così fondamentale come quello dell’
istruzione, determinante sia per la formazione delle generazioni
future, che per un miglioramento della società civile.
Le scuole
sentendosi abbandonate dalle Istituzioni si orientano verso
un’autonomia anche nel campo delle divise, che devono essere
personalizzate e rappresentative dell’identità del singolo
Istituto.
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